In un’economia devastata da uno choc dell’offerta creata dal coronavirus e da un contro-chock petrolifero il potere passa anche dal linguaggio dei banchieri centrali. Nell’attesa comunicazione della Bce ieri le parole della presidente Christine Lagarde hanno deluso le borse che non hanno incassato un altro taglio dei tassi già abbondantemente negativi, ma «solo» 120 miliardi di acquisti di titoli da effettuare entro fine anno che si aggiungono ai 20 mensili attuali, nuove aste di liquidità a lungo termine (Ltro) e tassi praticamente negativi per le operazioni (Tltro) destinate a finanziare a tassi praticamente negativi le piccole e medie imprese che saranno travolte dagli effetti delle politiche di emergenza per contrastare il virus. Solo Piazza Affari a Milano ieri è crollata come mai nella sua storia: -16,92%. Londra ha fatto lo stesso con meno 10,85%, Francoforte del 9,81%, Parigi dell’11,02%. Altra storia a Wall Street, crollata come mai dalla storica crisi del 1987 con il Dow Jones a meno 8,29%, il Nasdaq a meno 6,86%.Tutto questo mentre la Fed iniettava 1.500 miliardi di dollari sul mercato e l’amministrazione Trump entrava nel panico dopo avere tagliato i voli dall’Europa.

IN UNA GIORNATA da panico Christine Lagarde ha rivelato che le politiche monetarie non possono salvare il capitalismo, almeno nello stesso modo in cui fece Mario Draghi nel 2012 pronunciando «whatever it takes». Servì ad opporre alle turbolenze dei mercati lo «scudo anti-spread» delle «Operazioni definitive monetarie» (Omt), per poi inondare i mercati finanziari con l’alluvione monetaria del «quantitative easing». Cosciente dell’esaurimento di un potere «magico» attribuito a una sola espressione, e del fatto che oggi la crisi non è finanziaria ma sanitaria e produttiva, Lagarde ha detto che «non è nei miei piani passare alla storia per un “whatever it takes” numero due». L’affermazione è stata accompagnata da un’altra che ha fatto vacillare le deboli fondamenta di una politica italiana che ha appena ritrovato un clima da «unità nazionale». «Non siamo qui per ridurre gli spread, questa non è la funzione o la missione della Bce, ci sono altri strumenti per questo e altri attori» ha detto Lagarde.

LA PRECISAZIONE sui compiti della Bce ha amplificato la vendita dei bond europei nella folle corse al ribasso dei mercati, mentre una valanga si è abbattuta sui Buoni del tesoro poliennali (Btp). Lo spread con il Bund tedesco di quasi 70 punti, schizzando a 273 punti base, mentre il rendimento del Btp decennale ha toccato la soglia del 2%, mai peggio di così da giugno dell’anno scorso. Le parole di Lagarde, pronunciate in risposta a una domanda posta in una conferenza stampa ieri a Francoforte, hanno dovuto essere precisate mentre i buoi erano scappati dalla stalla. E poi in serata è arrivato il ministro dell’economia Roberto Gualtieri a cercare di un’interpretazione corretta e cercare di riportare il dibattito da infarto in una qualche forma presentabile: «Lagarde – ha detto Gualtieri – ha sottolineato che non consentirà che lo shock derivante dalla diffusione del Covid-19 possa provocare una frammentazione del sistema finanziario dell’area euro. Sono certo che, a tal fine, la Bce utilizzerà tutti gli strumenti a sua disposizione».

IN EFFETTI, è quello che la Bce intende fare, con le sue armi spuntate, davanti a una recessione, un contro-choc petrolifero ancora peggiore e scenari da sprofondo rosso in Italia (Pil a meno 5% nel 2020?). «Se necessario si può deviare dalla regola che prescrive acquisti di titoli nazionali commisurati alla quota di ciascun paese nel capitale della Banca centrale – ha detto Lagarde – L’Italia, le sue banche, le famiglie, le imprese beneficeranno di tutti gli strumenti che ho appena introdotto. Ci saremo, non deve esserci alcun dubbio su questo».

CIÒ CHE È SFUGGITO in ore nervosissime di polemiche ribollenti, èstato l’invito sferzante e polemico della banchiera agli stati europei (a sostegno dei 25 miliardi stanziati dall’Italia) a «cooperare» per produrre una spinta fiscale possente contro la recessione in arrivo. La Bce ritiene inadeguati i 27 miliardi di euro fin’ora stanziati contro il virus: un atteggiamento che Lagarde ha descritto come «compiaciuto» perché «procede a rallentatore». È quello che chiedeva lo stesso Draghi, senza mai ottenere una risposta. Ora, davanti a una situazione imprevista, si capirà se l’Eurogruppo di lunedì avrà percepito l’urgenza di fare carta straccia dei vincoli monetari che hanno impedito, o hanno escluso sin dal principio, l’evocata politica fiscale espansiva . Questo però è un momento cruciale anche per l’Eurotower. Per l’emergenza ha rinviato un ripensamento annunciato da Lagarde all’inizio del suo recente mandato. Non è ancora chiaro se tale ripensamento riguarderà mai il mandato costitutivo di una singolare banca centrale che non fa il mestiere di una banca centrale. Si tenderebbe ad escluderlo. Ma nel copioso dibattito di questi anni sono stati indicati alcune riforme che tornerebbero utili per contrastare anche la crisi attuale. Favorire, ad esempio, l’emissione di moneta l’acquisto di eurobond, creare una garanzia europea sul debito pubblico, completare l’unione bancaria e, magari, stampare moneta e darla direttamente a tutti i cittadini europei finanziando un reddito di base e un ammortizzare universali. Anni fa lo chiamavano «quantitative easing per il popolo». Dall’inizio della crisi solo Hong Kong ci ha pensato. L’enorme sforzo immaginato potrebbe ripartire da qui.