Le aree blindate nella regione motore d’Italia, la Lombardia, potrebbero aumentare. Lo fa capire il presidente dell’Istituto superiore della sanità Brusaferro: «Siamo in fase di analisi. In Lombardia c’è un incremento in alcune aree più che in altre». Il Comitato tecnico-scientifico sta analizzando il quadro, a partire naturalmente dalla provincia più a rischio, quella di Bergamo, ma la sola ipotesi di moltiplicare le zone rosse in Lombardia basta a rendere conto di una situazione la cui gravità non si attenua.

L’EVENTUALITÀ è particolarmente preoccupante perché la strategia del contenimento seguita dal governo ha come obiettivo precisamente l’evitare che si creino nuovi focolai.

IERI SERA IL CONSIGLIO dei ministri ha varato un nuovo decreto, il più urgente di tutti, quello che riguarda l’uso del miliardo stanziato per la sanità. I medici specialisti assunti saranno 5mila, altrettanti gli operatori, 10mila gli infermieri. Il piano è stato preparato sulla base delle richieste avanzate dalle varie regioni e il contingente verrà ovviamente diviso tra le diverse Regioni a seconda delle urgenze. Il resto se ne andrà in attrezzature, soprattutto i dispositivi di ventilazione, cruciali. Ma in generale serve la strumentazione per allestire nuovi reparti di terapia intensiva e subintensiva. Gli edifici dove potrebbero sorgere i nuovi reparti sono, in prima battuta, gli ospedali militari ma anche caserme dismesse ed è già previsto il sequestro di strutture alberghiere per le quarantene e un maggiore coinvolgimento delle strutture private.

PER QUANTO ASSURDO sembri, tra le attrezzature necessarie ci sono le famose “mascherine”, al centro ieri quasi di un incidente diplomatico nella riunione dei ministri della Salute Ue a Bruxelles. Il ministro italiano Speranza ha invocato un vero coordinamento tra i Paesi europei, tanto più che il tedesco Spahn aveva appena sottolineato che tutta l’Unione si troverà nella situazione in cui stanno oggi Italia, Francia e Germania. Per Speranza bisogna centralizzare l’acquisto di materiale sanitario, sia per trattare da una posizione di forza con i fornitori, sia per poterlo distribuire tempestivamente ai diversi Paesi a seconda della necessità. «Il virus non arriverà ovunque nello stesso momento e con la stessa forza: il coordinamento è la chiave per affrontarlo nel modo più intelligente».

TUTTI D’ACCORDO. Quando però Speranza ha chiesto una fornitura di mascherine, di cui c’è urgente bisogno in Italia, Germania e Francia hanno risposto picche. Impossibile. Ce ne sono poche e potrebbero servire qui. I due Paesi, a quel punto, avevano già sospeso ufficialmente l’esportazione di mascherine verso gli altri Paesi dell’Unione. Speranza ha protestato. Moltissimi ministri, a partire da quelli del Belgio e dell’Olanda, pure. Il francese Veran ha ingranato una retromarcia, per ora limitata però alle parole: «Non è una misura protezionista ma solo un modo per avere una visione il più possibile esaustiva. Con Speranza c’è una convergenza assoluta».

PERÒ IL BLOCCO DELL’EXPORT per il momento permane anche se Borrelli, il capo della Protezione civile, assicura che entro la settimana prossima arriveranno milioni muove mascherine.

L’INCIDENTE verrà senza dubbio superato ma il particolare, come spesso capita, illumina a giorno alcuni dei problemi che ostacolano la guerra contro il virus. Gli egoismi dei Paesi europei ma anche le norme che impediscono al governo centrale, in Italia, di funzionare davvero come «cabina di regia», secondo la definizione del capo dello Stato, ad esempio ordinando la produzione immediata delle mascherine necessarie. Una serie di norme per stringere i tempi derogando dalle regole dovranno essere messe a punto al più presto, passando per i Decreti della presidenza del consiglio, che possono essere adottati dal premier, su proposta del ministro competente, senza passare per il cdm.

ALTRO NODO IRRISOLTO è il rapporto tra maggioranza e opposizione. Ieri Salvini, Meloni e Tajani hanno presentato le loro proposte ma la strada per un voto unitario sui decreti è tutta in salita. «Non siamo stati coinvolti per nulla e i 7 miliardi stanziati bastano per una settimana», dice Salvini. Stessa posizione la leader di FdI: «Finora non ci hanno mai ascoltati e la Ue non è proprio esistita». La realtà e che la destra è divisa tra chi, come FdI e una parte della Lega, pensa che collaborare col governo servirebbe solo a rafforzarlo e chi, come Fi e l’altra parte della Lega, ritiene invece che per quella via passi una sorta di “sdoganamento” della Lega e di FdI.