C’è un’anomalia enorme in questo governo e si chiama Salvini. Il ministro degli interni meno presente in ufficio che la storia ricordi scorrazza su e giù per il paese partecipando a fiere gastronomiche e adunate leghiste, vola per l’Africa per «aiutare i migranti a casa loro» (sulle orme, peraltro, del suo predecessore Minniti), corre ad abbracciare Netanyahu, straparla di economia, insulta i commissari europei, va a braccetto con teppisti da stadio – si comporta insomma come il vero padrone della maggioranza, arrogante e menefreghista, nell’evidente frustrazione dei suoi alleati di governo. E soprattutto porta alle estreme conseguenze, con un cinismo che fa impallidire la memoria di un Andreotti o di un Cossiga, la manipolazione della paranoia pubblica sulla sicurezza. Licenza di sparare ai ladruncoli, abolizione di fatto del diritto d’asilo, campagna contro le Ong, chiusura dei porti alle poche centinaia di migranti che sfidano il mare invernale per sbarcare sulle inospitali coste italiane.

Niente di veramente nuovo nella storia italiana ed europea. La strumentalizzazione della paura pubblica, o meglio il dirottamento delle preoccupazioni materiali (lavoro, reddito, futuro ecc.) verso i nemici simbolici (migranti, disperati, marginali e così via) è un classico della cultura politica di destra, fascista o pseudo-democratica che sia. Così, trecento migranti abbandonati alla deriva sulla nave di Open Arms, pagano lo scotto del cinismo di questi ultrà padani diventati leader politici nazionalisti e del torpore di una società illividita e rancorosa, lenta a comprendere quanto poco importi, ai Salvini, ai Giorgetti e gente simile, della lotta contro la povertà diffusa, di lavoro, ambiente, sviluppo economico e civile, di innovazione e così via. Magari a qualcuno degli alleati di Salvini, i grillini ex-incendiari diventati pompieri, queste cose importano, ma le loro proteste contro l’invadente teppista padano sembrano pigolii, mormorii d’impotenza, impegnati come sono a nascondere o imbellettare la ritirata dai temi che li hanno portati al successo elettorale.

Che ci stiano a fare in tutto questo il presidente del consiglio, i ministri degli esteri, della difesa, dell’economia, della giustizia ecc. (su quello delle infrastrutture è meglio sorvolare) non si sa, o meglio lo sappiamo fin troppo: i comprimari della recita spregiudicata di un dittatorello scamiciato che condanna gli stranieri alla fame, alla marginalità e alla clandestinità mentre si ingozza di tortellini e di salsiccia. Ecco l’anomalia di Salvini: più di ogni altro, più dell’ectoplasma Di Maio e dei suoi evanescenti deputati, egli svuota, giorno dopo giorno, la democrazia dai suoi contenuti e le istituzioni dal loro significato. Se qualcuno pensasse che stiamo esagerando, lo chieda agli ungheresi che oggi protestano contro il neo-schiavismo. Anche Orbán ha cominciato con «prima gli ungheresi» e con la chiusura delle frontiere.

Perseguitando migranti e stranieri, Salvini, questo ultrà diventato testa di cuoio, sta riducendo la società italiana a una curva di stadio, manichea e conformista.