Impietoso, giusto, con lacuna
Ho appena letto l’editoriale sulla sinistra del piccolo mondo antico. E non posso che condividerlo. Lo dico da candidato (seppur di bandiera) e attivo promotore a Roma di una delle lista dello zero virgola, quella di Paolo Berdini (en passant, ne approfitto per chiedere scusa ai miei pochi elettori). Pur non dovendo difendere nessun partito (in quanto non iscritto ad alcuno), mi sarebbe però piaciuto che la sua impietosa e giusta critica fosse complementata da una postilla. Infatti, lei sottrae alla critica, del tutto legittimamente, alcune esperienze, come quelle di Sinistra Italiana, di Coraggiosa e di Trieste. Dimentica però di aggiungere che quelle esperienze, in connessione più o meno diretta con il PD (il caso di Trieste è leggermente diverso), rimangono comunque nell’alveo di quel neo-liberismo che il nostro giornale (di cui sono lettore e abbonato da lungo tempo) ha sempre avversato. Che poi lo si faccia per pragmatismo, agibilità politica, mancanza di alternativa, per cercare di attenuarlo o influenzarlo, in attesa di tempi migliori, etc., va tutto bene. (…)
Stefano Proietti

Fatico a comprendere il gioco «marzulliano»
Fatico a comprendere a chi Rangeri si rivolge. Rifondazione Comunista? Al Partito comunista? Al Partito Comunista Italiano? Al Partito Comunista dei Lavoratori? A Potere al Popolo? Art. Uno? L’articolo mi sembra un gioco marzulliano. La Rangeri si è fatta una domanda e si è data una risposta, prevenendo tutte le possibili obiezioni al suo argomentare. Però non capisco perché Sinistra Italiana dovrebbe restare fuori dal suo ragionamento che non fa una piega e aderisce come un guanto anche a questa sigla vuota.
Giuseppe Pappalardo

Spazio ristretto, per tutti
L’analisi di Norma Rangeri della scomparsa della sinistra radicale nelle recenti elezioni (ma non solo) … è più che condivisibile, ma pecca secondo me, di eccessivo ottimismo per quanto riguarda la posizione del quotidiano (“di minoranza, ma non minoritario”, queste le parole). Se si applica un criterio analogo alla conta dei voti risulta che, dai dati di Ads (Accertamenti Diffusione Stampa), le copie vendute dal manifesto sono mediamente lo 0.6% delle copie totali dei quotidiani. E lo scrivo con tutto l’affetto per il giornale di un abbonato dal 1975. Questo mi fa pensare che al di la degli evidenti errori politici delle varie formazioni che si accalcano nello stretto spazio della sinistra radicale,sia proprio questo spazio che si è ristretto anche, e forse soprattutto, per ragioni antropologiche: i giovani (che sono la parte di società che ha senso attrarre alla politica) non sembrano più mobilitati dai valori che dovrebbero essere rappresentati dalla sinistra, anche la militanza spicciola, ad esempio la partecipazione alle manifestazioni che ancora qualche volta si svolgono, vede la presenza soprattutto di vecchie conoscenze. Non ho soluzioni da proporre ma credo che per cercarle più che alla politica ci si debba ormai rivolgere alla sociologia.
Luca Fini

Non assolvete SI, per favore
L’editoriale di Rangeri sulla sinistra del piccolo mondo antico mi convince abbastanza. È fuor di dubbio che la folle polverizzazione e autorefenzialità della cd “sinistra radicale” sia una sciagura, direi un suicidio politico che mortifica le speranze di tanti compagni e compagne disorientati da questa divisione che ci porta all’impotenza. Però voglio fare due osservazioni: 1) l’analisi di Rangeri assolve “Sinistra italiana” e le liste tipo “Coraggiosa” di Schlein. Ora non mi pare proprio che SI abbia spiccato il volo (purtroppo) e per le liste “Coraggiosa” vedremo. Al di là del giudizio su queste formazioni, mi chiedo se la loro “assoluzione” dalle critiche stia nella loro propensione ad essere “collaborative” con il Pd che io non voterei mai; 2) pure il Manifesto deve fare la sua parte: non vedo sul giornale la stessa attenzione, invece riservata alla Cgil e agli altri sindacati confederali, al sindacalismo di base. È per ill numero degli iscritti o è una scelta di campo? Facciamoci un “mea culpa” collettivo e il nostro giornale sia più coraggioso, combattivo e dalla parte del conflitto. Come si diceva una volta, fraterni saluti.
Ugo Menesatti, Roma

Il ruolo del Manifesto
Mentre leggevo l’editoriale di Norma Rangeri, riflettevo non tanto e non solo sulla giustezza dell’analisi quanto, piuttosto, su quello che a sinistra sarebbe possibile fare per uscire da quel vortice nel quale siamo risucchiati dal 2008. Tredici anni che, salvo i “fuochi fatui” del vendolismo, sono costellati di macerie e sconfitte. Credo che – marxianamente – sarebbe utile un principio di realtà e fare oggi un’operazione che, se le elezioni si svolgeranno a scadenza naturale nel 2013, potrebbe avere una qualche speranza di successo: sciogliere le attuali formazioni della sinistra di alternativa. Dichiarare la propria insufficienza e mettere a servizio sedi, eletti, risorse. Questo giornale potrebbe, quindi, diventare il luogo dove si prova a sviluppare non solo l’analisi ma, anche, il percorso per la costruzione di una nuova soggettività politica di sinistra di alternativa (esiste in ogni parte d’Europa). Altrimenti continuate pure a coltivare i vostri orticelli. Ma non chiedeteci più di votarvi.
Roberto Pietrobon

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