Oggi il papa inizia l’ultima tappa del viaggio in America latina. Un fitto calendario di incontri lo attende anche in Paraguay, dove troverà ad attenderlo il presidente Horacio Cartes che, dopo la messa nella capitale Asuncion gli consegnerà la chiave d’oro della città. Un viaggio nella terra in cui i seguaci di Ignazio de Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, nel ’600 pagarono con la vita la loro scelta di campo: contro la dominazione coloniale e a fianco degli indigeni. Un paese in cui il vento della riscossa bolivariana e socialista non è ancora arrivato: è stato ricacciato indietro ai primi tentativi dell’ex «vescovo dei poveri», Fernando Lugo, destituito da presidente con un «golpe istituzionale». Da allora disuguaglianze e repressione sono continuate in crescendo. Per chiedere l’intervento di Bergoglio, da dieci giorni, un gruppo di lavoratori è tornato a crocefiggersi in pubblico: sperano che il papa li appoggi e ascolti il loro grido.

In Bolivia, sua seconda tappa, il papa ha pronunciato uno storico discorso contro il colonialismo: ha chiesto «umilmente perdono» per i crimini commessi durante la dominazione dell’America latina: «non solo per le offese commesse dalla Chiesta, ma anche per i crimini contro i popoli originari durante la cosiddetta conquista dell’America», ha detto nel momento conclusivo del Secondo incontro dei movimenti popolari, a Santa Cruz.
Nell’ottobre scorso, si era svolto in Vaticano un primo momento di confronto con organizzazioni e collettivi dei cinque continenti, preparato a lungo soprattutto dal Cardinale africano Peter Turkson, presidente del Pontificio concilio di giustizia e pace. Il cardinale ha introdotto i temi forti dell’intervento papale, al diapason con le parole di Evo Morales, il presidente indigeno, ex sindacalista dei cocaleros. Turkson ha espresso l’appoggio della chiesa al «grido, alla protesta e alla pressione dei poveri, di vitale importanza perché i potenti del mondo capiscano che non si può più continuare così».
A Santa Cruz erano presenti 1500 delegati in rappresentanza dei raccoglitori di rifiuti argentini, dei senza tetto, dei precari, dei contadini, degli indigeni… Hanno discusso i temi di casa, terra, lavoro, integrazione e sovranità. Al centro del dibattito che ha denunciato la devastazione del modello di sviluppo capitalista, i temi dell’enciclica sull’ambiente emessa da Bergoglio nello spirito di San Francesco e non a caso intitolata Laudata sì.

Davanti ai movimenti popolari, che gli hanno consegnato il documento conclusivo dell’incontro, Bergoglio ha pronunciato il discorso più lungo tenuto finora nel corso del suo viaggio, durato 55 minuti. Un discorso politico, basato su quella «rivoluzione dell’amore» con cui il papa sintetizza il messaggio evangelico: «Chiediamo un cambiamento, un cambiamento reale – ha detto – un cambiamento strutturale. Questo sistema non regge più Non regge per i contadini, per i lavoratori, non regge per le comunità, non regge per i popoli. E tantomeno regge per la Madre Terra, la sorella Madre Terra come diceva San Francesco». L’alternativa?
Le proposte dei senza diritto, che cercano altre strade politiche fuori dalle dinamiche della rappresentanza tradizionale in cui non trovano risposte: e si organizzano nelle mille forme dell’economia cooperativa o informale. Un leader contadino boliviano, che ha letto il documento finale approvato dalle circa 3.000 persone presenti, ha ringraziato i partecipanti anche per l’appoggio dato al suo paese nella richiesta di «uno sbocco al mare in sovranità» rivolta dalla Bolivia al Cile. Il papa ne aveva accennato in un suo precedente discorso. La sala ha ripreso a gran voce la richiesta.

Il documento finale prodotto dai movimenti popolari riafferma l’impegno «a lottare contro l’inidvidualismo, l’ambizione, l’invidia che si annidano nelle società» e anche a combattere «la cultura degli scarti». In uno dei precedenti discorsi, il papa aveva infatti gridato: «Basta scarti», tendendo le braccia verso gli esclusi dalle società opulenti. La Carta di Santa Cruz rigetta anche «l’imperialismo e le nuove forme di colonialismo, siano esse militari, finanziarie o mediatiche» e chiede «l’immediata cessazione di tutte le guerre». Si propone di dare impulso «ai processi di cambiamento nel mondo» e di «vivere in armonia con la Madre terra, promuovendo l’ecologia integrale e chiedendo ai governi leggi che proteggano l’ambiente». Al contempo, si erge a difesa dei popoli indigeni, condanna il maschilismo, la discriminazione della donna e chiede la restituzione dei diritti lavorativi, la fine della discriminazione dei migranti e difende la riforma agraria.

Le donne hanno inviato al papa – che ha anche incontrato i detenuti – una lettera per chiedere che intervenga contro i femminicidi – 350 negli ultimi tre anni – e contro la violenza. L’80% dei casi, che in maggioranza riguardano bambine e adolescenti, resta impunito.