Sono passati dodici anni dalla sua precedente opera per il cinema, Bright Star (2009). Nel frattempo, per Jane Campion, c’è stata l’avventura della serie tv Top of the Lake (2013-17). The Power of the Dog, in concorso alla Mostra, sta nel guado: sarà distribuito da Netflix dal 1 dicembre dopo un passaggio in sala a metà novembre.

Alla conferenza stampa veneziana, l’autrice ha raccontato: «Negli anni scorsi mi è piaciuto misurarmi con la co-scrittura e la co-regia richieste dal processo creativo di una serie, creare un mondo e poterlo sviluppare. Però avevo voglia di tornare al rigore e alla disciplina che impone il cinema e così è nato The Power of the Dog. Spero che in molti sceglieranno di vederlo in sala perché l’ho realizzato pensando al grande schermo».

Adattamento di un romanzo di Thomas Savage, il film è ambientato nel Montana del 1925 che la regista ha ricostruito in due diverse regioni quasi deserte della Nuova Zelanda congeniali al suo cinema di paesaggi aspri e immensi sin dai tempi di Sweetie (1989).

MA OLTRE AL PAESAGGIO sono, ancora una volta, gli equilibri di potere che si giocano tra i personaggi nel quadrante sesso e classe a interessare la regista, sbarcata al Lido con Kirsten Dunst – luminosa ed entusiasta di aver contribuito al cinema «sensuale» di Campion – e Benedict Cumberbatch che una giornalista ribattezza «Cuumberbastard», data la crudeltà del suo personaggio.

Quest’ultimo è infatti un cowboy intossicato dal dolore e da un’omosessualità repressa che lo spinge a odiare tutto ciò che non aderisce ai codici di una maschilità brutale. L’attore un po’ si schermisce: «Phil è un oppresso che diventa oppressore. Le persone che come lui hanno subito dei danni tendono a creare danni anche ad altri. In fondo ne abbiamo avuti degli esempi recenti anche in politica e chi non si è trovato nella propria vita professionale o personale a fare i conti con soggetti simili? Non si tratta di mostri da rinchiudere ma di problemi con cui fare i conti».

A farne le spese nel film è Rose, la cognata parvenue, una donna fragile che soccombe all’alcolismo ma che trova nel figlio una forma di riscatto. Prima regista a vincere la Palma d’oro a Cannes, a chi le chiede a che punto sono oggi le donne nel mondo del cinema, Jane Campion risponde: «Siamo ancora poche ma il cambiamento è in atto, le donne sono più coraggiose e più sostenute rispetto al passato, anche dagli uomini. Basta dar loro delle chance».