Bambini. Bambini bellissimi, con gli occhi grandi e le labbra carnose. Si svegliano, piangono, si preparano per andare a scuola. Sono tanti. Confort, lunga parrucca di treccine nere e un volto che non si dimentica, li accudisce uno a uno. Il marito deve scappare a lavoro, e lei fa tutto da sola, o chiede aiuto alle sue amiche e vicine. Lei e la sua famiglia abitano in un palazzo occupato: qui decine di famiglie di ogni nazionalità e provenienza hanno trovato casa. Inizia come un documentario Mama Mercy, opera prima della regista napoletana Alessandra Cutolo da sempre impegnata nel teatro sociale. Dopo il Torino Film Festival, Sguardi altrove e il Laceno D’Oro, il film prodotto da Gianluca Arcopinto, verrà presentato oggi a Spin Time di Roma (ore 20.30). Questo grande palazzo ex sede dell’INPS nel Rione Esquilino nel 2012 è stato occupato da attivisti e famiglie, diventando un laboratorio a cielo aperto di pratiche di vita collettiva incentrata sul mutuo soccorso e la reciprocità. E proprio qui è nato il progetto, sviluppato frequentando questo luogo e le persone che lo abitano con il loro carico di vite da gestire, proteggere, nutrire.

GRAN PARTE delle attrici provengono da Women Crossing, laboratorio di teatro che si svolge tra l’Istituto Comprensivo Manin Di Donato e Spin Time. «Confort è la mamma di una compagna di scuola di mio figlio, con molte delle donne che compaiono nel film abbiamo fatto degli spettacoli. Quando ho incontrato il mondo delle ragazze nigeriane, e le loro storie di traversate nel mare o nel deserto, ho deciso di raccontarle» dice Cutolo.

Detta «Mama Mercy» Confort è arrivata in Italia dopo un viaggio in mare che «le ha bloccato il respiro»: in molti sono morti annegati e lei non ha potuto fare niente. Sogna una casa tutta per sé, una stanza tutta per sé, «non sa dove la vita la porterà» e finisce nei guai. La aiuterà un ladro buono e filosofo – Nicola Sechi, già notato in Ariaferma di Leonardo Di Costanzo. Mama Mercy è un film di finzione in cui irrompe costantemente la realtà: gli attori/ protagonisti recitano su un canovaccio, per permettere un andamento naturale è stato girato con due cellulari e reso fluido dalla maestria di Luca Bigazzi alla fotografia. La sceneggiatura, scritta con Karole di Tommaso, si nutre di eventi realmente accaduti soprattutto durante il periodo della pandemia, quando alcune associazioni e realtà come Lotta comunista e le mamme della scuola Di Donato si organizzarono per dare sostegno alle famiglie che vivevano nei palazzi occupati di Spin Time, costantemente a rischio sgombero e sotto il tiro della speculazione edilizia.

«Volevo raccontare il mondo migrante che vive nell’occupazione, umanizzare queste persone che vengono considerate ’i ladri, i cattivi, i neri’. Qui la distinzione tra bene e male è ridiscussa, il movimento di lotta per la casa, l’anima di queste occupazioni, ha reso un servizio utile alla collettività. È importante che, oltre a dare la casa, ci siano dei momenti di confronto e ricomposizione come le manifestazioni, servizi come la domanda di casa popolare. Ci ho tenuto molto a raccontare che gli uomini violenti vengono mandati via dal Comitato dell’occupazione. Questo potrebbe salvare la vita di molte donne se applicato in tutti i condomini. Una sorta di ’nuovo mondo’ si è ricostituito, con nuove regole che potremmo prendere in prestito per creare un modello di società per il futuro» racconta ancora la regista.

IN QUESTA nuova società i bambini e le bambine etiopi, sudanesi, marocchine, nigeriane e italiane giocano e studiano insieme, ci si prende cura l’uno dell’altro, c’è un emporio solidale, si scende in piazza per i diritti di tutte e tutti. Mama Mercy e la sua lotta per la sopravvivenza ci parlano, e fanno come da specchio a un paese sempre più diviso e razzista in cui la povertà sembra quasi una colpa che si punisce con l’emarginazione. «Tutta questa umanità dove potrebbe mai abitare a Roma?».