In una sala del ministero della difesa a Tel Aviv che sembrava un palcoscenico ‎Benyamin Netanyahu ieri sera ha dato un colpo mortale alle residue speranze di ‎chi contava su una nuova certificazione degli Stati uniti dell’accordo ‎internazionale del 2015 sul nucleare iraniano.

Davanti alle telecamere di mezzo ‎mondo il premier israeliano ha affermato che l’Iran ha mentito ripetutamente sulla ‎natura del suo programma nucleare. Questa volta non ha mostrato, come fece ‎qualche anno fa all’Onu, il disegno di una bomba con la miccia accesa.

Ha detto ‎che una gigantesca operazione di intelligence ha consentito a Israele di entrare in ‎possesso di 55mila documenti e altri 55mila file su cd con le prove dell’esistenza ‎di un programma segreto iraniano, il Progetto Amad, per lo sviluppo di armi ‎atomiche.

‎«Questa notte vi presento qualcosa che non avete mai visto prima – ha ‎esordito – Questa notte riveliamo nuove prove su un programma nucleare segreto ‎che l’Iran ha sviluppato per anni‎». I leader iraniani, ha aggiunto, ‎«hanno sempre ‎negato l’intenzione di sviluppare armi nucleari. L’Iran ha mentito molte volte, ‎dopo la firma dell’accordo sul nucleare nel luglio 2015‎».

‎ Nel 2017, ha proseguito Netanyahu illustrando su un grande schermo quelle che ‎ha descritto come copie di documenti originali, ‎«l’Iran ha spostato i suoi archivi ‎relativi allo sviluppo di armi atomiche in una località segreta».

Quindi ha accusato ‎l’Iran di puntare a ‎«dotarsi di almeno cinque ordigni nucleari analoghi a quelli ‎utilizzati su Hiroshima‎». Infine ha detto di aver informato gli Stati Uniti e altri ‎Paesi del contenuto dei file ritrovati dai suoi agenti segreti in Iran.

Come ora si ‎aspetta Israele, Trump non solo non certificherà più l’accordo del 2015 ma varerà ‎subito pesanti sanzioni contro l’Iran e insisterà affinché anche gli alleati europei ‎mettano sotto pressione Tehran affinché rinunci al suo programma di sviluppo di ‎missili balistici sul quale Netanyahu ieri ha battuto molto.

«Quello che è successo ‎oggi e che è accaduto di recente mostra che ho avuto ragione al 100%», ha ‎commentato Trump dopo l’intervento di Netanyahu. Silenzio, almeno fino a ieri ‎sera, dell’Iran. Ma è quasi superfluo prevedere la denuncia di un complotto da ‎parte della leadership iraniana.

Di fronte a nuove sanzioni internazionali, Tehran ‎potrebbe rispondere con l’avvio di un programma di produzione atomiche militari. ‎E la guerra di cui si parla da anni diventerebbe una realtà.‎

‎ Guerra tra Israele e Iran che è già in corso, in Siria. Una guerra per ora di attrito ‎che rischia di sfociare in un conflitto ampio e devastante. Le proporzioni degli ‎attacchi aerei attribuiti a Israele contro obiettivi siriani e presunti iraniani sono ‎aumentate progressivamente nelle ultime settimane. Attacchi mirati a colpire con ‎violenza. Quello di domenica notte a Salhab (Hama) e Aleppo è stato il più grave ‎in termini di vittime.

E forse è il risultato di intese non solo tra Israele e Usa ma ‎anche con Parigi e Londra, alleate di Washington nei raid missilistici del mese ‎scorso contro la Siria. E persino con Amman.

Un giornale siriano, Tishreen, ‎vicino al governo, ieri scriveva che l’attacco è partito dalla Giordania con il lancio ‎di missili da parte di Usa e Gran Bretagna.

Ipotesi da tenere in considerazione ma ‎meno credibile rispetto a quella di un bombardamento aereo israeliano che ‎avrebbe distrutto missili terra-terra (200 pare) che l’Iran intendeva posizionare in ‎Siria.

L’esplosione innescata dal raid è stata così violenta da provocare un ‎terremoto di 2,6 gradi di magnitudo‏.‏‎ I morti sarebbero stati 26, molti dei quali di ‎nazionalità iraniana.

Tuttavia queste informazioni sono state diffuse da fonti ‎dell’opposizione siriana, quindi non indipendenti, e sono state smentite da Tehran ‎come ‎«prive di fondamento‎».

Israele non ha né confermato né negato il suo ‎coinvolgimento ma non sono passate inosservate le dichiarazioni fatte domenica ‎dal ministro della difesa Lieberman: ‎«Non intendiamo attaccare la Russia o ‎interferire nelle questioni interne siriane – ha detto – tuttavia se qualcuno crede di ‎poter lanciare missili o attaccare Israele o anche la nostra aviazione, senza dubbio ‎risponderemo e risponderemo con grande forza‎‎».

‎ Magari ha ragione Yossi Melman, un giornalista israeliano specializzato in ‎servizi segreti, che ieri su Twitter scriveva di non dare per imminente la guerra tra ‎Israele e Iran, perché l’attività dei membri del governo non è cambiata e il capo ‎dello stato Rivlin oggi partirà regolarmente per l’Etiopia in visita ufficiale.

Su un ‎punto però ha ragione il suo collega Amos Harel, editorialista di Haaretz, che ‎invece sente la guerra più vicina: Israele è determinato a sradicare la presenza ‎militare iraniana dalla Siria, ad ogni costo.

D’altronde è evidente: Netanyahu ha ‎avuto il via libera da Washington. ‎L’attacco di domenica notte è arrivato in ‎coincidenza con la visita a Gerusalemme del nuovo Segretario di stato ‎Mike ‎Pompeo e, poco prima, c’era stata ‎una telefonata fra Netanyahu e Trump.

In quel ‎momento Lieberman incontrava a Washington il Segretario alla difesa James ‎Mattis.‎

La guerra è dietro l’angolo perché, spiega Harel, ‎‎«l’Iran si oppone al no di ‎Israele alla sua presenza in Siria e respinge i mezzi che Israele sta impiegando. E in ‎assenza di un mediatore tra le parti, questo conflitto potrebbe ancora degenerare‎».‎