Presentato nella mini rassegna all’interno di «Caffè Stoccolma», il festival di cultura svedese organizzato dalla casa editrice Iperborea a Milano, Palme di Kristina Lindström e Maud Nycander ripercorre vita, morte e (politici) miracoli del premier Olof Palme, leader del partito socialdemocratico svedese e primo ministro in carica al momento del suo omicidio, il 28 febbraio del 1986, freddato a colpi di pistola all’uscita da un cinema dopo la proiezione di Broderna Mozart di Suzanne Osten. Pragmatico ed essenziale fin dal titolo, il documentario è un mosaico di interviste, ritagli di giornali, newsreels, filmini in super8 e foto di famiglia e di Stato che compongono il ritratto profondo e sfaccettato di una delle figure politiche più incisive del XX secolo.

. Dopo un viaggio universitario, negli anni 50, nel profondo e degradato sud degli Stati Uniti, Palme maturò piano piano una profonda vocazione politica che in pochi anni lo portò al fianco di Tage Erlander, storico leader del partito socialdemocratico per oltre vent’anni a capo della Svezia. Gli anni di apprendistato con Erlander forgiarono la coscienza politica di Palme, sensibile a questioni per l’epoca delicate come l’apartheid, le rivolte studentesche e la guerra in Vietnam, paragonata alle invasioni hitleriane, preparando il terreno alla sua successione come capo del partito, avvenuta alla fine degli anni 60. Un’ascesa rapidissima e molto documentata dai filmati dell’epoca che dipingevano il giovane Olof come un JFK scandinavo, rivoluzionario e progressista. [do action=”citazione”]Privilegiando lo studio di Palme pubblico e privato all’interno del contesto politico di tre decenni di Storia, le due registe cominciano a mappare la personalità dell’uomo a partire dall’infanzia altolocata in una grande famiglia borghese dalle reminescenze buddenbrokiane[/do]

Nel 1969 il suo primo incarico come capo del governo portò una ventata d’innovazione in un paese opulento ma frammentato da tensione interne, soprattutto sul fronte dell’immigrazione e dei rifugiati politici. Palme fu anche in grado, cosa rara per un politico scandinavo, di uscire dai confini della timida Svezia ottenendo una visibilità massmediatica internazionale: ospite del celeberrimo presentatore inglese David Frost, l’uomo dell’intervista post-Watergate a Richard Nixon, dello show televisivo di Shirley McLaine, delle prime cinematografiche di Barbra Streisand, ma la sua presenza al di là dei confini nazionali non si limitava alle frivolezze dei media. Nel corso del suo governo, infatti, Palme espresse posizioni nette contro la dittatura di Pinochet in Cile e di Franco in Spagna, visitò Fidel Castro negli anni 70 denunciando il governo di Fulgencio Batista, supportò da un punto di vista sia politico che finanziario l’Olp.

Una totale apertura i che gli costò i primi malumori in patria e le prime aspre critiche, dopo le accuse alla gloria nazionale Ingmar Bergman di frode fiscale. Nonostante infatti i due condividessero un grande amore per l’isola di Faro, dove Palme passava sempre le sue vacanze, Bergman lasciò la Svezia per gli Stati Uniti proprio a causa dell’imputazione di frode, nel 1976, criticando aspramente il governo per poi pentirsene molti anni dopo nella sua autobiografia, dove ricorda con commozione le prove a teatro il giorno successivo all’omicidio Palme: « …Era impossibile iniziare a lavorare. Parlavamo incerti, cercavamo di avvicinarci gli uni agli altri mentre qualcuno piangeva. La nostra professione appare così strana quando la realtà fa irruzione e devasta i nostri giochi illusori».

Questa e altre incrinature contribuirono alla debaclè elettorale del 1979 ma, dopo un interregno di quattro anni all’opposizione, Palme venne rieletto nel 1982 fino alla sua tragica fine. Kristina Lindström e Maud Nycander si fermano però alle drammatiche registrazioni delle telefonate al pronto soccorso. Troppi film e documentari si sono già occupati della ricerca dell’assassino, un caso ancora aperto che sconvolse per sempre la Svezia e che non ha mai smesso di produrre ipotesi investigative e sospettati eccellenti; la pista italiana accredita la P2 di Licio Gelli come mandante dell’omicidio, ma ancora lontano dalla conclusione processuale. Resta dunque la gratitudine, l’accurata enfasi, sottolineata dalla splendida colonna sonora di Benny Andersson, nel raccontare una straordinaria carriera politica, la commozione e il ricordo nostalgico di un uomo che alla domanda di David Frost: «Ha mai pensato a come potrebbe essere il tuo necrologio?» rispose: «No e spero di non farlo fino alla fine. Chi ci pensa prima comincia ad avere paura e così perde la vitalità nel fare le cose».