Il 27 giugno 1980, nel cielo di Ustica, il DC9 Itavia è stato abbattuto portando con sé la vita di 81 innocenti cittadini. «L’incidente è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto».

Questa è la verità che ci ha consegnato la Sentenza ordinanza del giudice Priore che dobbiamo avere ben presente, scolpita nelle nostre coscienze in questo 40° Anniversario della Strage di Ustica.
Perché oggi dobbiamo pretendere che tutta la verità sia svelata, che ci sia data per la memoria delle povere vittime e per la dignità di questo nostro Paese, la spiegazione di quanto è successo.

E c’è un solo modo per farlo: mettere a disposizione della magistratura, della procura di Roma, che ha riaperto le indagini dopo che il presidente Cossiga ha accusato i francesi, ogni documentazione sulla strage.

Sappiamo che la grande distruzione delle prove è stata effettuata dai militari nel nostro Paese, ma oggi dobbiamo pretendere da Paesi amici e alleati, parlo specificatamente di Stati uniti, Francia e Libia, di cui è provata – da documentazione fornita dalla Nato – la presenza di aerei attorno al DC9, risposte precise alla rogatorie internazionali.

E’ assodato che Ustica è un capitolo della recrudescenza, proprio nell’80, della guerra fredda che per sua natura è essenzialmente segreta, ma proprio per questo ancor più determinato deve essere l’impegno delle Istituzioni e del governo per la ricerca della verità.

Ricordiamo che Ustica è una verità nota nell’immediatezza dell’evento: è documentato dalle registrazioni delle conversazioni tra i siti radar, uno stato di allarme già durante il volo – si vedevano aerei militari «razzolare» attorno al DC9 – e si è arrivati a cercare, in maniera assolutamente inusuale, aiuto dall’ambasciata americana a Roma. Era immediatamente a disposizione ed è stato visionato un tracciato radar con una evidente manovra d’attacco al DC9.

Ma è stato deciso, probabilmente in una riunione d’emergenza – ancora inspiegabile – proprio all’ambasciata americana a Roma che i cittadini non dovevano sapere.
I militari, l’Aeronautica forte del suo prestigio e delle sue capacità tecniche, hanno fatto intendere che in un cielo, che si sosteneva assolutamente vuoto e senza pericoli, l’aereo poteva essere caduto soltanto per un cedimento strutturale. La «tragica ovvietà che gli aerei cadono».

Così hanno perso ogni mordente le indagini della magistratura e si è individuato un capro espiatorio nella compagnia Itavia, la società privata proprietaria del velivolo che è stata fatta fallire.
Nel breve periodo la vicenda Ustica è scomparsa dall’attenzione, proprio come il DC9 si era inabissato nel Tirreno.

Abbiamo avuto molti anni di silenzio: poi sotto la spinta dell’opinione pubblica, in un clima di rinnovata attenzione, i lavori della Commissione Stragi, presieduta dal compianto senatore Gualtieri che ha saputo far votare all’unanimità importanti risoluzioni, e della magistratura, con il giudice Istruttore Priore e la procura della Repubblica di Roma, ci hanno dato la essenziale verità.

In questo 40° anniversario bisogna ripartire da quell’impegno, da quei risultati. La commissione Stragi all’unanimità indicò «al Parlamento le responsabilità delle istituzioni militari per avere trasformato una “normale” inchiesta sulla perdita di un aereo civile, con tutti i suoi 81 passeggeri, in un insieme di menzogne, di reticenze, di deviazioni». E affermò «che si può cominciare a chiedere conto di quei comportamenti che all’interno della Pubblica amministrazione hanno così a lungo ostacolato la ricerca della verità».

Diciamo con forza che solo i parenti delle vittime hanno trovato la forza per chiedere conto di tutto ciò e abbiamo una serie di sentenze civili definitive che hanno condannato i ministeri dei Trasporti e della Difesa. Di queste sentenze chiediamo il doveroso e totale rispetto.

E respingendo le vergognose campagne di falsità e depistaggi messe in atto dai nostalgici della bomba a bordo ribadiamo che la verità è quella che ci ha consegnato il giudice Priore e poniamoci come irrinunciabile obiettivo, per la dignità stessa di questo Paese, di avere la totale spiegazione di quanto è avvenuto.