Ci tengo a rispondere a chi mi ha chiamato in causa perché avrei potuto e dovuto oppormi alla decisione del Governo di porre la questione di fiducia sulla legge elettorale.

Le mie argomentazioni dovranno necessariamente fare riferimento a norme e prassi regolamentari, e dunque mi scuso preventivamente se la lettura non risulterà appassionante. Ma i riferimenti giuridici testuali sono indispensabili per fugare ogni dubbio sulla terzietà con la quale, anche in questo passaggio, ho esercitato la mia funzione.

Una prima critica si basa sull’articolo 72 della Costituzione, quarto comma: «La procedura normale di esame e approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi».

La posizione della fiducia – si sostiene – sarebbe estranea alla “procedura normale”, e perciò avrebbe dovuto essere vietata. Ma questa norma non dice che la fiducia è fuori dalla procedura normale. La procedura normale a cui fa riferimento è quella per cui le leggi sono esaminate prima dalle Commissioni e poi dall’Aula. Alcune leggi – tra le quali quelle elettorali – non possono essere approvate soltanto in Commissione, ma devono passare obbligatoriamente dall’Aula. E’ questa la procedura normale che va rispettata. Come conferma anche una pluriennale prassi parlamentare: in una gran quantità di casi la fiducia è stata messa su leggi di bilancio e leggi delega.

L’altra critica muove dall’articolo 116 del Regolamento, quarto comma, che definisce le materie sulle quali la questione di fiducia non può essere posta. In un elenco che pure è molto dettagliato, le leggi elettorali non sono menzionate.

Dunque la Presidenza non poteva impedire al Governo di esercitare una sua prerogativa costituzionale in una materia per la quale il Regolamento non impone alcun divieto.

Né vale il richiamo all’ultima parte del comma, cioè il divieto di porre la fiducia su «tutti quegli argomenti per i quali il Regolamento prescrive votazioni per alzata di mano o per scrutinio segreto». Il verbo “prescrive” significa infatti che la fiducia è esclusa nei casi in cui il voto segreto è obbligatorio. Per le leggi elettorali, invece, il voto segreto non è obbligatorio, ma ammesso su richiesta.

In diverse legislature la Presidenza ha del resto precisato che il divieto di cui parla l’articolo 116 si riferisce esclusivamente alla votazioni che si tengono obbligatoriamente a scrutinio segreto.

Lo fece, tra gli altri, anche la Presidente Iotti (24 gennaio 1990), sostenendo che per estendere il divieto di mettere la fiducia anche alle materie sulle quali lo scrutinio segreto è facoltativo sarebbe stata necessaria «una esplicita modificazione del quarto comma dell’articolo 116, senza la quale il Presidente non potrebbe in alcun modo limitare l’esercizio di quella che, attraverso una consolidata consuetudine, si è affermata come prerogativa del Governo».

A conferma di questa interpretazione, oltre i molti casi in cui la fiducia è stata posta su provvedimenti suscettibili di voto segreto, c’è un elemento ulteriore: lo schema di riforma del Regolamento della Camera sul quale la Giunta per il Regolamento ha lavorato dall’inizio della legislatura in corso propone di inserire le leggi elettorali fra i casi nei quali è vietato porre la fiducia. Ma se la proposta viene avanzata per il futuro, vuol dire che nella disciplina attuale non esiste alcun divieto.

E’ per tutte queste ragioni che trovo infondate e talvolta strumentali le critiche di chi mi accusa di non aver impedito al Governo di porre la fiducia.

Sono ben consapevole anch’io della estrema delicatezza politica del tema e proprio per questo ritengo che chi presiede Montecitorio debba attenersi, al di là delle convinzioni personali, ad una corretta applicazione di quanto stabilito dalla Costituzione e dal Regolamento.

Sono certa che per i cittadini, inclusi i vostri lettori, l’imparzialità della Presidenza rappresenti un valore da tutelare.

* Laura Boldrini è la presidente della Camera dei deputati

** Leggi anche il commento di Felice Besostri sul manifesto in edicola il 14 ottobre 2017