Quando giovedì Fca ha deciso di congelare il pagamento dei dividendi ai soci ha motivato la scelta «alla luce dell’impatto dell’attuale emergenza dovuta al Covid-19», ottenendo il plauso unanime dei commentatori per la sensibilità dei vertici.

Ora scopriamo che in realtà si trattava di una decisione obtorto collo dettata dalle condizioni previste dal decreto Liquidità per chiedere – tramite Fca Italy, la succursale italiana della multinazionale con sede fiscale in Olanda – allo stato italiano – a Sace (la società di Cassa Depositi e prestiti specializzata nel settore assicurativo e finanziario) per la precisione, che garantirebbe l’80 per cento mentre ad erogare il prestito sarebbe Intesa San Paolo – un prestito a tasso irrisorio per il valore massimo consentito dal decreto stesso: il 5 per cento dei ricavi in Italia, pari a 6,3 miliardi di euro.

Il silenzio imbarazzato dei vertici da John Elkann a Manley si è rotto con i chiarimenti chiesti dai sindacati ieri in serata.

«Fca ci ha confermato di aver chiesto al governo italiano un finanziamento da restituire in tre anni. La sostanziale paralisi del mercato dell’auto sta difatti ponendo evidenti problemi, che rischiano di ripercuotersi sull’intera filiera produttiva – riferiscono Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, e Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore automotive – . La richiesta di Fca consiste in un prestito rivolto esclusivamente alla parte italiana del gruppo e sarebbe finalizzata ad alimentare i numerosi fornitori, nonché a facilitare la realizzazione dei 5 miliardi di investimenti previsti per il nostro paese, in una situazione di sostanziale assenza di vendite e quindi di fatturato».

In serata anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dovuto commentare, sollecitato da una domanda durante la conferenza stampa sulle riaperture.

Cercando di parare le polemiche sulla sede fiscale, il premier ha detto: «Nel caso di Fca stiamo parlando comunque, al di là della capogruppo, di fabbriche italiane che occupano moltissimi lavoratori italiani».

Poco dopo anche Fca è stata costretta ad emettere una nota ufficiale, anticipata prima ai giornali di famiglia – La Stampa e Repubblica, gli unici ad averla nell’edizione cartacea di domenica mattina.

Si tratta di un lungo peana in cui non si cita la parola ‘sede’ e la parola ‘tasse’ ma si spiega che i miliardi saranno usati anche per dare liquidità alle imprese della filiera. FCA Italy S.p.A, «alla luce delle recenti indiscrezioni di stampa, conferma di avere avviato una procedura con il Governo italiano (il Ministero dell’Economia e Finanze – MEF, e il Ministero dello Sviluppo Economico – MISE) per l’ottenimento di una garanzia da SACE, l’agenzia italiana per il credito all’export (parte del gruppo a partecipazione statale Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.), il tutto secondo quanto previsto dal c.d. Decreto Liquidità recentemente emanato».

A questo riguardo, si legge in una nota della società, «è stato avviato un dialogo con Intesa Sanpaolo, la maggiore banca italiana, per il perfezionamento di una linea di credito a tre anni, destinata esclusivamente alle attività italiane del Gruppo FCA e al sostegno della filiera dell’automotive in Italia, composta da circa 10.000 piccole e medie imprese, a seguito alla riapertura degli stabilimenti italiani, avviata a fine aprile».

«In base ad un innovativo meccanismo, applicato inizialmente alla filiera automotive, tutte le erogazioni derivanti dalla linea di credito sarebbero gestite attraverso conti correnti dedicati, accesi con Intesa San Paolo al solo scopo di supportare la gestione operativa dei pagamenti alla filiera italiana dei fornitori, sostenendone i livelli di liquidità e garantendo al contempo la ripartenza delle produzioni e gli investimenti negli impianti italiani».

Fino a ieri sera la mancanza di note ufficiali dell’azienda veniva motivato dal fatto che per ora è stata semplicemente fatta una richiesta di prestito, rimandando le comunicazioni al mercato alla ufficializzazione del finanziamento da parte di Sace. E per questo ai sindacati non è stata confermata nemmeno l’entità del prestito perché «sono in corso trattative con il governo».

Ieri comunque la notizia ha creato scompiglio a livello politico.

Quasi trasversale la richiesta di «far tornare la sede di Fca in Italia in cambio del prestito». Spicca però il tweet dell’ex ministro Carlo Calenda – «Ovviamente la sede legale e fiscale torna a Torino. Perchè altrimenti andremo sul surreale» – uno che in due anni da ministro dello Sviluppo economico dei governi Renzi e Gentiloni si è guardato bene perfino dall’osare di convocare i vertici Fca per non disturbarli mentre la cassa integrazione volava e i lavoratori dei vari stabilimenti protestavano sotto il ministero.

In tutto questo, Fca ieri ha convocato l’assemblea annuale degli azionisti per il 26 giugno. Naturalmente si terrà ad Amsterdam.