C’è un giornale che sta attraversando la crisi sanitaria ed economica senza perdere lettori, anzi aumentando la diffusione. Potendo contare sui pochi mezzi del suo collettivo. C’è un giornale che ha tenuto ferma la solidarietà tra i lavoratori riuscendo a non fare un’ora della cassa integrazione prevista dai tanti decreti Covid.

C’è un giornale che nei mesi più duri ha tenuto aperto gratuitamente il suo sito. C’è un giornale che in piena pandemia è riuscito ad assumere sei nuove giornaliste e giornalisti e a confermare tre praticanti divenute professioniste. Un evento nel panorama dell’editoria italiana dove tutto, a partire dall’ente di previdenza dei giornalisti, sta crollando sotto il peso della disoccupazione e delle finte collaborazioni.

C’è un giornale che ha deciso di fare tutto questo per tenere fede alla sua funzione di bene pubblico. Perché è il momento in cui c’è più bisogno di informazione libera e di qualità. Questo giornale lo avete davanti agli occhi. L’anno prossimo compirà cinquant’anni e ancora una volta in queste ore deve combattere per la sua vita.

Sembra incredibile che mentre attorno a noi cresce una foresta di aiuti pubblici a tutti i settori dell’economia, aiuti sacrosanti, casomai insufficienti, nei confronti del manifesto si voglia fare esattamente il contrario. Procedendo a tagliare i contributi pubblici così come aveva voluto Vito Crimi due anni fa. Un’altra era geologica, un altro governo, persino un altro Movimento 5 Stelle.

Eppure mentre – in questi giorni – si confermano gli aiuti (insufficienti) a tutto il settore dell’editoria, aiuti la cui parte maggiore naturalmente finisce ai giornali maggiori, nel caso dell’editoria no profit e in cooperativa il governo decide che vuole togliere e non dare. Inventandosi in pratica un incentivo agli stati di crisi, non bastasse la crisi che abbiamo intorno. Un premio ai licenziamenti e ai prepensionamenti di cui altri, non noi, hanno fatto largo e dispendiosissimo uso (assai più dispendioso di qualunque contributo diretto).

A che valgono le parole in difesa del pluralismo dell’informazione, se vengono contraddette dai fatti? E gli annunci di una nuova riforma del settore, riforma alla quale la cooperativa del manifesto non vede l’ora di contribuire, se intanto vanno avanti solo i vecchi tagli?

Il sottosegretario all’editoria, i rappresentanti del governo e il relatore della legge di bilancio, dove un emendamento può rinviare di almeno un anno la partenza dei tagli, sanno molto bene che una volta fatto il deserto non ci sarà più nulla da riformare.

Nel nuovo mondo in cui siamo precipitati il governo avrebbe dovuto avere la forza di rovesciare le ossessioni dei 5 Stelle, chiedersi se davvero l’informazione di cui abbiamo bisogno possa essere affidata solo al mercato, ammesso che il mercato ci sia. Invece sembra che preferisca, a partire dai 5 Stelle, occuparsi di Mediaset.

Cari lettori, il manifesto che ne ha viste e superate tantissime e di tutto porta memoria, sarà qui a testa alta a festeggiare il suo importante compleanno l’anno prossimo. Siete tutti invitati.

ENGLISH VERSION @ IL MANIFESTO GLOBAL

Interviste alla radio di Matteo Bartocci