Gli affari del ministro di Trump e clan Putin e i soldi della Regina d’Inghilterra. Bono degli U2, a cui sono cari i temi umanitari, ma che non disdegna evadere le tasse, Madonna e poi il campione di formula 1 Lewis Hamilton. Anche loro si sono rivolti a EY e Appleby per trasferire patrimoni in uno di questi 19 paradisi fiscali: da Antigua alle Bahamas, dalle isole Cayman a Grenada, Malta o Trinidad e Tobago.

È LA LISTA NERA dei «Paradise papers» svelata dall’indagine condotta su 13,4 milioni di documenti dall’International Consortium of Investigative Journalists – una rete di 381 giornalisti di 67 paesi che ha già scoperto i «Panama Papers» – pubblicata sul Guardian, Le Monde, il New York Times, Süddeutsche Zeitung, l’Espresso e Report per l’Italia. Non mancano gli unicorni della Silicon Valley: Apple, Facebook e Twitter. Due istituzioni statali russe con stretti legami con Vladimir Putin avrebbero finanziate queste ultime due con ingenti investimenti attraverso un socio commerciale di Jared Kushner, genero di Donald Trump e consulente senior della Casa Bianca. Gli investimenti sono stati effettuati attraverso un magnate della tecnologia russa, Yuri Milner, che detiene una partecipazione in una società co-proprietaria di Kushner. Una rivelazione esplosiva nel momento in cui il Senato sta indagando sul ruolo svolto dai social media nelle elezioni presidenziali Usa. A dimostrazione che il mito dell’automazione digitale si regge su complesse triangolazioni fiscali e geopolitiche, oltre che sul lavoro digitale gratuito e sull’errata classificazione («lavoratori autonomi» invece di «parasubordinati»). Le rivelazioni interessano anche la Casa Bianca e il governo di capitalisti creato dal «populista» Trump, già azzoppato dalle dimissioni del responsabile della campagna elettorale Paul Manafort che si è consegnato all’Fbi. Il segretario al Commercio del Tycoon, Wilbur Ross avrebbe gestito affari che hanno legami con il genero del presidente russo Vladimir Putin attraverso una società di navigazione che ha effettuato investimenti offshore.

FORTE È L’IMBARAZZO a Londra per i milioni di sterline provenienti dalla proprietà privata della regina Elisabetta investiti in un fondo delle Isole Cayman. L’inchiesta mostra per la prima volta come la Regina, attraverso il Ducato di Lancaster, abbia tenuto e detenga ancora investimenti attraverso fondi che hanno investito in una serie di aziende, tra cui la catena Threshers e il rivenditore BrightHouse, criticati per lo sfruttamento di migliaia di famiglie povere e vulnerabili.

AL CUORE di questo sistema c’è il Regno Unito dove regnanti, politici, multinazionali e celebrità hanno usato trust, fondazioni e società di comodo creando un sistema di scatole cinesi per proteggere le loro ricchezze e sottrarle a una sia pur minima redistribuzione. «L’evasione ed elusione delle sole corporation costa ai paesi in via di sviluppo 100 miliardi di dollari l’anno – sostiene Susana Ruiz di Oxfam – Denaro sufficiente per mandare a scuola 124 milioni di ragazzi e coprire le spese sanitarie indispensabili per salvare la vita a 6 milioni di bambini ogni anno. Chiediamo ai governi di collaborare per porre fine ai paradisi fiscali, creando una blacklist a livello globale, corredata da forti misure difensive e sanzionatorie». Il Parlamento europeo voterà la settimana prossima la risoluzione finale della Commissione di inchiesta Panama papers. L’evasione sottrae fino a mille miliardi di euro all’anno nella sola area UE. «Tre volte il piano Juncker, e con la quale si potrebbero finanziare investimenti e servizi ai cittadini» sostengono Pippo Civati ed Elly Schlein, segretario ed eurodeputata di Possibile.