Nella notte tra domenica e lunedì scorsi, per protesta contro le condizioni di vita inaccettabili, i migranti detenuti nel Cpr di Macomer, in provincia di Nuoro, hanno dato fuoco ai materassi dei letti. L’intervento tempestivo dei Vigili del fuoco ha evitato il peggio. Secondo la prefettura di Nuoro, non ci sono ustionati o intossicati dal fumo. Un’intera ala dell’edificio è inagibile, tanto che per dare alloggio agli ospiti della struttura sono state piazzate alcune tende da campo messe a disposizione dalla Protezione civile, in attesa che le camere vengano rese di nuovo abitabili. Ma sapere come stanno veramente le cose è difficile. C’è una fitta cortina di riservatezza intorno alla vicenda.

Far uscire informazioni dal Cpr è complicatissimo: ai migranti internati vengono sequestrati i telefoni portatili, mentre la comunicazione con l’esterno è possibile solo attraverso una cabina pubblica posta in uno spazio aperto e controllabile dal personale dell’ente gestore e dalle forze di pubblica sicurezza. Si sa che ci sono indagini della polizia e della magistratura per capire come sia nata la rivolta e quanti dei quarantotto ospiti del Cpr abbia coinvolto.

DALLE POCHE informazioni che filtrano e che vengono riferite dal comitato No Cpr di Macomer pare che l’emergenza, nella notte tra domenica e lunedì, sia stata gestita in affanno. Non c’erano ancora le tende e le stanze erano semidistrutte dalle fiamme. Ci sono stati momenti di tensione. Poi l’intervento della Protezione civile ha consentito di dare ai migranti una sistemazione provvisoria. Di certo di sa che ieri mattina alcune delle persone trattenute nel Cpr sono state trasferite, con un aereo della Guardia di Finanza, in altri Cpr sulla penisola. Ma per ragioni di sicurezza dalla prefettura non viene detto dove esattamente. È presumibile che i migranti trasferiti siano quelli che la polizia ha individuato come i diretti responsabili della rivolta. Non è la prima volta che nel Cpr di Macomer si registrano proteste anche violente. Altri incendi si sono verificati in passato. Ma l’ultimo episodio è senz’altro il più grave.

IL CPR DI MACOMER è gestito dalla Ekene Onlus, che ha sede legale in Veneto. Nata nel 2017, è una diretta emanazione della cooperativa Edeco, già Ecofficina. Ecofficina nasce nel 2011 ed entra con successo nel business dell’accoglienza dei migranti; il suo bilancio passa dai 114 mila euro del 2011 ai quasi 10 milioni del 2015. Il suo modello di gestione è stato giudicato dai vertici della Confcooperative Veneto un sistema che «non risponde alle logiche della buona accoglienza» ma «a criteri che guardano soprattutto al business».
Ed è per queste ragioni che, nel settembre 2016, Confcooperative Veneto ha preso le distanze e ha sospeso Ecofficina dall’associazione. Edeco, invece, è nota per la gestione molto criticata di alcuni centri di accoglienza veneti, in particolare dell’hub nell’ex base militare di Cona (provincia di Venezia) e del Cpr di Bagnoli (provincia di Padova). Da più parti sono state denunciate le condizioni in cui versavano queste strutture, la cui tensione interna sfociava spesso in proteste e rivolte.

IERI IL COMITATO NO CPR, che a Macomer si batte per garantire la trasparenza della gestione del centro e per chiederne la chiusura, si è riunito in assemblea e ha annunciato una manifestazione di protesta. L’appuntamento è per il 6 aprile davanti ai cancelli del centro. «La situazione che c’è a Macomer – si legge nel documento approvato dall’assemblea – deriva dalle finalità stesse del centro, concepito per negare ogni dignità umana ai migranti». «Da anni – prosegue il documento – denunciamo quanto sia violento e degradante ciò che avviene nei Cpr. Il clima di sopruso e di omertà è essenziale per il funzionamento di queste strutture. Conosciamo la disperazione delle persone che vengono rinchiuse in queste carceri, espropriate dei diritti fondamentali solo per il fatto di non possedere un documento amministrativo, un permesso di soggiorno difficilissimo da ottenere e facilissimo da perdere. Bisogna rompere la cortina di silenzio eretta intorno al Cpr di Macomer e denunciare l’assurdità e la violenza di ciò che vi succede».