Un milione di ragioni, «ci sono soldi e soldi»

il manifesto – 19 novembre 2008

Oggi la sottoscrizione per la salvezza del manifesto ha raggiunto e superato il milione di euro. Un grande grazie ai lettori, amici e compagni che ci hanno aiutato e un nostro rinnovato impegno a non mollare.

Con i tempi che corrono, di crisi economica, crisi politica e culturale, questo milione (un primo milione) è un segno straordinario che dà ottimismo e anche coraggio.

I soldi non sono la misura di tutte le cose, ma ci sono soldi e soldi. I soldi mandati al manifesto, quasi sempre con un grande o piccolo sacrificio personale, sono il segno che in questo nostro paese, nonostante Berlusconi, ma non solo, ci sono ancora persone che credono nella politica, che non sono state catturate dalle attuali lotte di casta, che investono ancora su «un altro mondo possibile». E non si arrendono, ad esempio, alle paure xenofobe, come quelle della guerra allo straniero, che proprio ieri si sono materializzate nuovamente in annunci governativi di blocco dei flussi migratori.

Questo regalo di un milione al manifesto però non è una voce nel deserto. In questi giorni c’è una straordinaria mobilitazione di studenti, insegnanti e genitori contro il tentativo governativo di distruggere la scuola pubblica, che dovrebbe restare per i poveracci e il lancio di una scuola privata che ricostituisca fin dalla prima giovinezza la differenza di classe.

Per il 12 dicembre è annunziato lo sciopero generale di tutti i lavoratori contro il tentativo portato avanti, con grande impegno proprietario, per trasformare il lavoro in una variabile dipendente delle imprese e i lavoratori in semplici merci.

I diritti elementari, il lavoro, la scuola e anche il Mezzogiorno (notevole l’iniziativa dell’assessorato all’istruzione della Regione Campania per la difesa e il rilancio della scuola, che nel Mezzogiorno è la via più valida per l’emancipazione dei sottomessi alla camorra e al malgoverno).

Noi del manifesto abbiamo raggiunto il milione di sottoscrizione. Diciamo il primo milione e con questo non solo manteniamo in vita questo giornale che da 37 anni è di sinistra e continua a esserlo. Di una sinistra – credo io – attenta e ragionevole, ma la cui ragionevolezza è il contrario di quel che solitamente si intende per ragionevolezza, cioè l’accomodarsi alla volontà del più forte. Il nostro tentativo è quello di una ragionevolezza critica degli accomodamenti con il più forte del momento. È la ragionevolezza di chi giudica irragionevole lo sfruttamento di chi lavora, le guerre per l’esportazione della democrazia, la sottomissione delle donne, il razzismo contro i «brutti neri», ma anche contro gli ebrei e i palestinesi.

Per tutto questo, grazie ancora per il milione, ma continuate a sostenerci, anche per capire insieme come uscire da un pantano che rischia di affogarci, magari senza che neppure se ne abbia coscienza. Il vostro – scusate lo scherzo – è un milione di buona ventura.

Grazie a voi, il giornale a 50 euro

il manifesto – 24 dicembre 2008

È andata bene. La temeraria (e meditata) offerta del manifesto, al prezzo di 50 euro la copia, nella giornata di venerdì 19 dicembre è stata accolta con un acquisto oltre le speranze: sono state acquistate circa 18.000 copie del giornale. Giornali e riviste ci hanno tempestato di telefonate per sapere dei risultati e abbiamo avuto straordinari complimenti.

Nel quadro complessivo ci sono poi risultati sorprendenti: a Modena e Reggio Emilia abbiamo venduto un po’ più dell’ordinario, ma risultati estremamente positivi abbiamo avuto ad Alessandria e anche in Sardegna dove Oristano e Alghero danno un incremento sulla media del 19 e del 31%.

Una sfida analoga l’avevamo tentata nel 19 dicembre del 1997 (esattamente 11 anni fa) con la vendita del giornale a 50.000 lire la copia. Anche allora andò bene, così che Luigi Pintor il 21 dicembre di quell’anno scrisse: «Siamo un po’ emozionati. Poteva essere il giorno del nostro funerale, invece è stato quasi un battesimo…» e aggiungeva «abbiamo compiuto un atto di orgoglio ma anche di umiltà chiedendo questo voto di incoraggiamento». Un incoraggiamento, scriveva Luigi, ma un incoraggiamento per che cosa?

È sempre più chiaro che c’è un popolo del manifesto, una minoranza impegnata, che ci ha dato soldi e fiducia per continuare a combattere e per combattere meglio di quanto non siamo ancora riusciti a fare. Per ragionare in termini capitalistici si dovrebbe dire che i nostri lettori hanno investito in noi per avere un profitto.

Un profitto di progresso sociale e democratico. E qui è il punto: dobbiamo migliorare il manifesto, renderlo più combattivo ed efficace, farne un punto di intelligenza e di forza nell’attuale sfascio delle varie sinistre e in una crisi che macinerà strutture e sovrastrutture.

I nostri lettori hanno speso per noi, in un sol giorno, un po’ più di 800mila euro. Per noi è come una cambiale che dobbiamo onorare. Dobbiamo migliorare questo nostro (di voi e di noi) giornale e per questo dobbiamo riuscire a lavorare insieme, con incontri, suggerimenti, critiche.

Chiediamo qualcosa di più dei preziosi soldi che ci avete dato, chiediamo di trovare il modo e le forme di lavorare insieme. Dobbiamo incontrarci di più, dovete scriverci di più, inviare commenti e partecipare alle iniziative del sito (www.ilmanifesto.it), dobbiamo lavorare di più insieme. Il manifesto – così come voleva essere alle origini – deve essere sempre di più un giornale di analisi della società e di iniziativa. Siamo a un punto nel quale fare un buon giornale non basta più.

La giornata del 19 dicembre di quest’anno bisestile, che sta per finire, ha la forza di un patto tra il giornale e voi che non siete solo tenaci lettori, ma donne e uomini politicamente impegnati nel salvare il nostro paese dal degrado in cui sta scivolando. In gioco non c’è solo la sopravvivenza del manifesto.

La redazione del popolo, un inizio straordinario

il manifesto – 4 ottobre 2009

Ieri a Roma, a Piazza del Popolo, la manifestazione per la libertà di stampa è stata enorme. Straordinaria. Straordinaria per la partecipazione di popolo e di giovani, assai più di quanti la piazza ne potesse contenere.

Straordinaria per la tensione evidente nei volti delle donne e degli uomini, che avevano deciso di dedicare quel solare pomeriggio romano a una ragione politica, in una stagione di degrado della politica ufficiale.

Due sono le indicazioni che possiamo trarne. La prima è che è assai diffusa la coscienza dei pericoli e delle minacce cui oggi è sottoposta la libertà di stampa. Pericoli che vengono dalla progressiva perdita di peso della stampa scritta di fronte alle nuove tecniche di comunicazione e in Italia dalla straordinaria situazione di un capo di governo che oltre a essere padrone pubblico della tv è anche padrone privato di tv e stampa. Né De Gasperi e neppure lo stracriticato Scelba sono stati mai padroni privati di decisivi mezzi di comunicazione. La stampa e la comunicazione in generale mai sono stati padronali come oggi.

La manifestazione di ieri ha reso pubblico che questa coscienza di una libertà di stampa in grave pericolo è più diffusa di quanto si potesse supporre. Ma ha messo anche in grande evidenza che contro questa minaccia bisogna combattere: la manifestazione di ieri è (deve essere) solo un inizio (una volta cantavamo, traducendo dal maggio francese, «non è che l’inizio»).

Un inizio che pone a tutti noi, cittadini italiani, grandi problemi: come difendere e ricostruire la libertà di stampa nell’attuale situazione politica e sociale. Di fronte a una crisi economica che annuncia crescita della disoccupazione e quindi indebolimento della soggettività dei lavoratori, disoccupati o condannati al precariato. Di fronte a una crisi politica delle forze di sinistra come mai è stato nel passato. Di fronte – vorrei aggiungere – a un decadimento della cultura, di quel che leggiamo e vediamo al cinema e in tv.

La grande manifestazione di ieri è il primo segno forte di opposizione dopo la vittoria elettorale di Berlusconi. Deve essere di stimolo a tutti, e soprattutto a noi operatori dell’informazione, per la ricostruzione, giorno per giorno, di una battaglia vera ed efficace contro il berlusconismo. Dobbiamo tentare di essere più analitici e persuasivi.

Come stiamo vedendo, gli scandali anche gravi e clamorosi che coinvolgono il presidente del consiglio non bastano a recidere le radici dell’attuale regime. Lo dico, a noi del manifesto e alle persone che lavorano nell’informazione: la manifestazione di ieri chiede a noi tutti un maggiore impegno.

Non basta non essere complici. La libertà di stampa è un fondamento della democrazia, ma anche l’arma più efficace per una vera lotta di liberazione.

Dobbiamo dire e dirci che la grande manifestazione di ieri a Roma è solo un inizio.

Una pugnalata, Crimi come Berlusconi

il manifesto – 8 dicembre 2009

Cari lettori e cari compagni, questo governo si conferma nemico di tutte le libertà.

Il 3 di ottobre in piazza del Popolo, a Roma, c’è stata una grande e animata manifestazione per la libertà di stampa. La risposta dell’attuale governo ci ha messo poco ad arrivare. Con un mirato emendamento alla finanziaria ha reso incerta l’entità dei contributi diretti che vengono assegnati in favore delle cooperative di giornalisti e dei giornali di partito.

Sarà così il governo a decidere ogni anno quanto dare ai giornali politici cooperativi e non profit. Viene negata ogni idea di autonomia di una parte importante dell’informazione italiana, e cancellate le condizioni della sua sopravvivenza.

Una legge di sostegno all’informazione, nata già nel 1981 e consolidata negli anni, viene messa radicalmente in discussione da un emendamento alla finanziaria di cui nessuno ha potuto discutere. Si passa dalla legge uguale per tutti all’arbitrio di chi governa.

Pensando a questa risposta alla manifestazione del 3 ottobre per la libertà di stampa, dovremmo avere qualche preoccupazione, forse anche maggiore, per che cosa si prepara a rispondere il governo all’enorme manifestazione del 5 dicembre a piazza San Giovanni. Quella di ieri, coma ha scritto sull’Unità Vincenzo Vita «è una pugnalata alla schiena». Con questa pugnalata molti giornali indipendenti, e il manifesto in particolare, sono stati condannati a morte in attesa di esecuzione.

Abbiamo le settimane contate. Se vogliamo sopravvivere e continuare la lotta a Berlusconi e al berlusconismo imperante dobbiamo reagire. Noi del collettivo del manifesto facendo un giornale migliore e più efficace. Dobbiamo lavorare di più e meglio se non vogliamo che il Cavaliere possa aggiungere la testata del manifesto ai suoi, già numerosi, trofei. Ma anche voi, lettori e sostenitori, nuovi e antichi, dovete impegnarvi in questo scontro. Scrivendoci, criticandoci, dandoci suggerimenti, ma anche dandoci munizioni per resistere e combattere.

Innanzi tutto comprate tutti i giorni il giornale, preparatevi a comprare il numero speciale a 50 euro, che sarà in edicola il 17 dicembre prossimo, abbonatevi e fate abbonare, sottoscrivete. So che, forse esagero, ma se mille di voi ci mandassero mille euro ciascuno, farebbero un milione di euro e la sicurezza di altri mesi di combattimento.

Scrivete e fate scrivere. In questa nostra deteriorata Italia è ancora possibile combattere ed evitare una sconfitta definitiva che peserebbe non solo su di noi, ma anche sui nostri figli.

Il berlusconismo – sono d’accordo con Alberto Asor Rosa – non ha pennacchi e camicie nere ma è peggio del fascismo. Prospetta una dittatura morbida e torbida, che produce un’epidemia di corruzione morale e intellettuale. Con le nostre poche, ma tenaci forze, resistiamo e pensiamo, progettiamo la controffensiva.

Anche Berlusconi finirà con lo scoppiare. Ricordiamoci il «non mollare» di chi ha fatto cadere il fascismo.