«Dopo 40 anni non c’è ragione di Stato che tenga». A dirlo, e a chiedere al governo di muoversi per arrivare alla verità, è stato il Presidente della Camera dei deputati Roberto Fico, ieri a Bologna per il 40 esimo anniversario della strage di Ustica.

Strage che ancora oggi non ha colpevoli, a quattro decenni di distanza dall’inabissamento del Douglas Dc9 della compagnia Itavia che il 27 giugno 1980 stava trasportando 81 persone da Bologna a Palermo.

A INDICARE LA VIA PER ARRIVARE alla verità è stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che nel suo messaggio ufficiale, accanto alla vicinanza ai familiari delle vittime e alla difesa di quella parte dello Stato che col suo lavoro ha «consentito di diradare nebbie», ha chiesto di «trovare risposte risolutive» ricordando come, per arrivare alla verità, serva «l’impegno delle istituzioni e l’aperta collaborazione di Paesi alleati con i quali condividiamo comuni valori».

Francia e Stati Uniti ad esempio, visto che ad oggi non si sa ancora chi quel missile lo lanciò, probabilmente per intercettare un Mig della Libia di Gheddafi. Furono aerei francesi come sostenne nel 2007 l’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga? Oppure furono caccia statunitensi, magari decollati dalla portaerei USS Saratoga che proprio il 27 giugno di 40 anni fa prese il largo abbandonando il porto di Napoli?

A DIRE MOLTO, MA NON TUTTO, ci sono già le sentenze che da tempo su Ustica hanno sgombrato il campo dall’ipotesi del cedimento strutturale o della bomba a bordo, e hanno indicato che ad abbattere l’aereo di linea fu un missile lanciato durante un episodio di guerra aerea in tempo di pace.

Così come ci sono le parole dei giudici che raccontano come i generali dell’aeronautica turbarono le indagini e le orientarono nel senso voluto dal loro Stato maggiore dell’epoca, e cioè quello dell’occultamento della verità.

«Ci sono pezzi del nostro Stato che conoscono perfettamente la vicenda e pezzi del nostro Stato che hanno depistato – ha sottolineato il presidente della camera Fico – Chiedo se non sia arrivato il momento di dire tutta la verità, anche all’interno dei nostri Servizi».

Ma c’è anche il tema delle rogatorie internazionali. «Serve un lavoro diplomatico affinché gli Stati coinvolti, la Francia e gli Stati Uniti, ci diano risposte più profonde», ha aggiunto Fico.

L’appello è al suo compagno di partito, il ministro degli esteri Luigi Di Maio, ma si estende in realtà a tutti i ministri del governo. L’associazione dei familiari delle vittime della strage ha chiamato in causa anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: «Il suo Ministero ha un ruolo determinante e per questo gli chiediamo sforzi ulteriori, mentre gli riconosciamo l’impegno preso per la digitalizzazione di tutti gli atti relativi alla vicenda di Ustica», ha detto la presidente dell’associazione Daria Bonfietti.

Sul piatto come sempre c’è il tema dei documenti dei vari archivi di Stato che se resi pubblici potrebbero illuminare di verità la strage. Su questo Fico ha annunciato novità importanti: «Camera e Senato dovranno fare un portale unico sulle commissioni d’inchiesta dove riversare tutti gli atti digitalizzati e renderli pubblici».

La Presidente del Senato Elisabetta Casellati ha annunciato di stare già lavorando «per rendere pubblici subito tutti gli atti delle Commissioni parlamentari di inchiesta».

Mentre il Presidente del Consiglio Conte ha affidato a Vito Crimi, viceministro dell’Interno che già durante lo scorso governo M5s-Lega si era occupato della questione, l’incarico di seguire i lavori del Comitato consultivo sulle attività di versamento all’Archivio centrale dello Stato e agli Archivi di Stato della documentazione in possesso delle amministrazioni dello Stato.

CONTE HA ANNUNCIATO anche «una nuova direttiva per allargare il perimetro di queste ricerche che venga incontro alle esigenze manifestate dalle associazioni dei familiari delle vittime». La notizia, assieme alla promessa di Conte di impegnare il suo governo in una ricerca «senza sosta» della verità, è stata accolta positivamente.

Il giudizio di molti però resta sospeso. Da sei anni si parla della cosiddetta «direttiva Renzi» sulla desecretazione degli atti, rimasta fino ad oggi lettera morta.