Diverse centinaia di persone hanno manifestato ieri pomeriggio nella capitale dei Paesi Bassi, contro il violento sgombero dei manifestanti pro-Palestina, avvenuto per mano della polizia la notte prima al campus dell’università di Amsterdam a Roeterseiland (UvA), in pieno centro.

Lunedì pomeriggio, degli studenti si erano accampati con le tende nel prato dell’ateneo per protestare contro la guerra in corso a Gaza. Chiedevano alle università cittadine (all’UvA, alla Vrije Universiteit e all’Amsterdam University College) di tagliare i legami con le istituzioni accademiche israeliane, a causa del «genocidio in corso a Gaza». I manifestanti avevano poi fatto sapere che avrebbero occupato quello spazio fino a quando le tre università di Amsterdam non avessero reso di dominio pubblico le loro relazioni accademiche in Israele e i legami intrattenuti con le imprese che operano nello Stato ebraico. Volevano inoltre lo stop dei rapporti con le istituzioni israeliane che potessero avere collegamenti con gli insediamenti illegali dei coloni israeliani o con qualsiasi forma di violenza nei territori palestinesi.

I manifestanti, chiedevano infine agli atenei di disinvestire da società israeliane e multinazionali che traggono profitto direttamente o indirettamente dall’aggressione alla Palestina.

Sul sito web dell’ UvA era così comparso un elenco delle istituzioni israeliane con cui l’ateneo di Amsterdam collabora: l’Università di Tel Aviv, l’Università Ebraica di Gerusalemme e l’Università Ben Gurion. Più otto progetti europei di ricerca nell’ambito del programma Horizon 2020, a cui partecipano ricercatori o aziende israeliane. «L’UvA non vuole contribuire alla guerra in nessuna circostanza, né vogliamo partecipare agli scambi nel campo dell’educazione militare», chiariva l’ateneo. «Per quanto possiamo valutare, le nostre attuali collaborazioni soddisfano questo requisito», tagliava corto l’università di Amsterdam. «Non è vero – dice a il manifesto una giovane manifestante col volto coperto da una kefiah palestinese – perché sia le tre università israeliane con cui collaborano, sia il programma dell’Ue Horizon 2020, hanno rapporti e finanziano progetti della Elbit Systems, un appaltatore del governo israeliano coinvolto in questa guerra e nell’occupazione della Palestina».

Non soddisfatti della risposta dell’ateneo, lunedì notte i manifestanti hanno così mantenuto l’occupazione. «Verso ora di cena l’accampamento è stato preso di mira da una decina di persone pro-Israele», ci dice un’altra ragazza, l’unica che troviamo alla manifestazione disposta a parlarci di quanto avvenuto lunedì notte. «Non ci ha difeso nessuno, ma sono riusciti ugualmente a mandarli via. Poi, verso le 3 di notte, su richiesta del rettore, è intervenuta la polizia in assetto antisommossa».

Il blitz delle forze dell’ordine, come abitualmente avviene in questi casi nei Paesi Bassi, è stato fermo e deciso, se non brutale. Tanto che la stessa polizia, al circolare dei primi video sui social media, ha ammesso che l’azione nel campus è stata «intensa», ma con un «uso della forza necessario per ripristinare l’ordine». Il bilancio è di 125 fermi in poco più di mezz’ora.

Alle 16 di ieri, davanti all’ateneo a Roeterseiland, è stata così convocata una manifestazione. Diverse centinaia di persone, molte delle quali a volto coperto da mascherine o kefiah, hanno urlato slogan quali «Palestina libera», «Boicotta Israele», «Basta genocidio», «siamo orgogliosi dei nostri studenti», «siamo tutti antifascisti» e, soprattutto, «fuori la polizia dalle università». Da Roeterseiland, il corteo è poi proseguito in maniera pacifica nelle strade limitrofe, contenuto dalla polizia in assetto antisommossa.