L’Iran sceglie una «nuova strategia» mentre tutti gli occhi sono puntati sulla prossima mossa di Israele. Dopo gli attacchi senza precedenti di droni e missili iraniani su Israele, in risposta al bombardamento del primo aprile del consolato iraniano a Damasco, il comandante del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Hossein Salami ha annunciato un cambiamento fondamentale nell’approccio iraniano.

Ha affermato: «Abbiamo deciso di adottare una nuova strategia con Israele: da ora in poi, se il regime sionista attacca i nostri interessi, beni, personalità e cittadini ovunque, verrà contrattaccato». Ha aggiunto: «L’operazione (contro Israele) è un chiaro e distinto esempio di questa nuova strategia».

L’ATTACCO è stato più esteso del previsto, ma sembra essere stato attentamente calibrato dagli strateghi iraniani. Tehran afferma che deliberatamente ha cercato di evitare vittime per impedire la continuazione del conflitto. Il ministro degli esteri iraniano, Amir Abdollahian, ha detto di aver dato un preavviso di 72 ore agli americani e ai paesi vicini.

Il lancio dei droni lenti da circa 1.600 chilometri di distanza ha dato a Israele un preavviso di diverse ore per preparare le sue difese aeree. Con l’assistenza di Gran Bretagna, Francia, Giordania, Stati uniti e probabilmente Arabia saudita, Israele è riuscito a intercettare quasi tutti i droni e i missili.

Teheran ha scelto di condurre un attacco diretto dal suo territorio anziché utilizzare uno dei paesi vicini dove è presente con i suoi proxy non statali. È significativo: Israele aveva precedentemente avvertito che un attacco diretto avrebbe avuto conseguenze devastanti per Teheran.

La mancanza di condanna dell’attacco israeliano al consolato iraniano da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite ha provocato l’ira di Teheran, che ha citato l’«inerzia e il silenzio» del Consiglio come ragione per cui una risposta armata era diventata imperativa. Mohammad Jamshidi, consigliere del presidente Ebrahim Raisi, ha dichiarato che l’attacco a Israele «significa che l’era della pazienza strategica è finita. Ora l’equazione è cambiata. Chi ci prende di mira riceverà una risposta diretta e punitiva».

L’operazione iraniana ha provocato l’immediata condanna di diversi paesi. Il G7 sta lavorando a misure coordinate contro l’Iran. Il primo ministro britannico Sunak ha detto: «Siamo uniti nella condanna di questo attacco».

Nasrin Kh. sociologa a Teheran, ha commentato al manifesto: «La continua retorica bellicosa del regime provocava commenti ironici tra la popolazione. Spesso si sentiva dire che il coraggio del regime si manifestava solo contro le donne iraniane per il loro abbigliamento non conforme. I ciechi sostenitori del regime gridavano vendetta sollecitando un’azione militare. Ora il regime vanta la sua vittoria e la sua potenza, nonostante i missili siano stati distrutti senza colpire il bersaglio. La propaganda statale trasforma tutto in una vittoria, premendo sulla leva dell’orgoglio nazionale. Oggi i suoi sostenitori intransigenti sono gonfi di orgoglio e ammirazione e si permettono di chiamare traditore chiunque apra la bocca alla critica».

SIMILE l’analisi del docente universitario Said H., che abbiamo raggiunto al telefono: «Riducendo al minimo il rischio di provocare danni al nemico, è stata minimizzata la possibilità di una risposta israeliana. Il regime ha tentato di mostrare la sua potenza, soddisfacendo i suoi sostenitori e le sue milizie all’estero, incurante del fatto che ciò costituisse una perdita politica e mediatica a livello internazionale, poiché l’attenzione è stata distolta dai crimini israeliani a Gaza e concentrata sulla condanna del nostro paese. L’establishment non sembra aspettarsi una reazione israeliana, come evidenziato dal suo comportamento disinvolto».

Con i controlli sul codice di abbigliamento islamico intensificati improvvisamente mentre ci si prepara a un possibile attacco, Said insiste: «Assurdo avere come priorità l’abbigliamento delle donne e la creazione di tensioni sociali anziché la promozione di un senso di unità popolare. Il pubblico ministero di Teheran ha annunciato un procedimento legale contro un eminente commentatore per un articolo che prevedeva la possibilità di una guerra con Israele, ammonendo che verranno applicate misure contro chi si impegna a “disturbare la sicurezza psicologica della società”».

«Il regime – conclude – si mostra così sicuro della mancanza di ritorsione israeliana che non mi sorprenderebbe se in futuro venissi a sapere che abbia ricevuto delle assicurazioni in merito».