Le Camere ieri hanno votato al buio uno scostamento di bilancio da 15,7 miliardi di euro, il cuore di una legge di bilancio assai modesta, gravida di tagli e privatizzazioni, dall’impatto quasi nullo su un’economia in sensibile rallentamento. E lunedì prossimo il consiglio dei ministri potrebbe varare, tra l’altro, un Documento programmatico di bilancio (Dpb), da inviare subito alla Commissione Europea, senza sapere se il quadro macroeconomico nazionale e internazionale resterà inalterato o peggiorerà anche a causa della guerra in Israele e Palestina.

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UN’EVENTUALITÀ, tutta da verificare, suggerita dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che si è comunque messo a parte civile. Nella serata di ieri c’è stato un vertice di maggioranza a palazzo Chigi, forse per studiare gli eventuali peggioramenti della congiuntura, del resto evocati anche nell’aggiornamento del documento di economia e finanza (Def). In realtà, non è l’ultima guerra a peggiorare le cose. È il ciclo economico ad essere cambiato, dopo la pandemia la Bce ha chiuso l’ombrello, l’austerità sta tornando in Europa in altre forme. È così che il governo rischia di trasformare il suo sentiero stretto in un vicolo cieco. Quello sul quale, in fondo, si trova da un anno. E dove si ritroverà nei prossimi. Per distrarre l’attenzione non basterà evocare le battaglie identitarie dell’estrema destra. Prima o poi il giocattolino rischia di rompersi.

VA RICORDATO che l’attuale situazione di incertezza non è nuova. I documenti come il Def o la Nadef che preparano le leggi di bilancio sono quasi sempre scritti sulla sabbia. Lo dimostrano i ricorrenti errori di previsione. L’ultimo è stato fatto da aprile. Fino ad allora ci si era illusi sulla crescita confondendola, come alcuni dell’opposizione, con il rimbalzo tecnico post-covid del Pil.

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CON LA NADEF, a ottobre, l’esecutivo è stato costretto a rivedere le previsioni anche se continua a sovrastimare la crescita rispetto alle ipotesi della Commissione Ue o del Fondo monetario internazionale. Senza parlare del deficit che risente, tra l’altro, anche di una revisione statistica sugli effetti del «superbonus» nel rapporto con il Pil. O delle previsioni irrealistiche sulla diminuzione del debito a forza di tagli improbabili (2 miliardi in un anno) o di privatizzazioni (20 miliardi in tre anni). Come avverranno, chi metterà i soldi, lo dirà presto il governo. Se riuscirà nei suoi intenti, è un altro paio di maniche.

LA «PRUDENZA REALISTA» che Giorgetti si è auto-attribuito negli ultimi giorni rischia di non trovare altri riscontri. Lo hanno osservato ieri alcuni esponenti delle opposizioni – che hanno votato «No» allo scostamento di bilancio – durante il dibattito parlamentare. «La sua stima sulle privatizzazioni è il triplo di quanto ottenuto nell’ultimo decennio» ha detto Antonio Misiani (Pd). In effetti sono numeri messi a casaccio, anche se annunciano contro-effetti preoccupanti sulla spesa sociale.

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ORA, LO SCOGLIO più grande per Meloni & Co., è quello dei custodi dei conti di Bruxelles. Il governo ha già chiesto alla Commissione Europea la comprensione per le «cause eccezionali che hanno gravi ripercussioni sui conti e che non dipendono dalle condizioni economiche. Ieri Giorgetti ha fatto la stessa preghiera all’Fmi a proposito della richiesta di ridurre il debito pubblico molto di più di quanto da lui previsto. Anche su questop sembra passato un millennio dalle retoriche alla Mario Draghi sul «debito buono». Ora è tutto «cattivo», va tagliato, senza distinzioni. Per il commissario Ue all’economia Paolo Gentiloni, e i suoi colleghi, è un problema. La richiesta del governo è di essere «clementi», almeno per quest’anno. In caso contrario, da Roma faranno una campagna elettorale contro di lui e la perfida «Europa». Qualche orecchio sensibile c’è: quello di von Der Leyen che sembra voglia la conferma a presidente della Commissione.

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L’ANNO PROSSIMO, con il ritorno del patto di stabilità e il peggioramento dell’economia, il governo dovrà stringere stenterà a trovare i soldi per prorogare il taglio del cuneo fiscale, la principale misura della manovra, pressoché inutile per recuperare l’inflazione. A meno che non torni a invocare l’«emergenza» causata da cause extra-economiche: una guerra, un’apocalisse, gli alieni. Non è escluso che la grazia, chiesta dai «sovranisti» sarà concessa dall’eterogeneo e fantasmatico tribunale composto dai «mercati», dall’«Europa» e dalla governance globale. La loro testa resta sul ceppo.