Qualche giorno fa ho firmato la petizione proposta da Slow Food per l’introduzione dell’educazione alimentare nelle scuole italiane (appelloeducazionealimentare.it). La scuola è un luogo privilegiato per famigliarizzare con concetti, conoscenze e comportamenti che, acquisiti fin dall’infanzia e dalla giovinezza, aiutano ad operare scelte salutari per sé e per l’ambiente.

NEGLI ORTI SCOLASTICI (ESEMPLARE l’esperienza della maestra elementare trentina Nadia Nicoletti, promotrice di una «pedagogia del fuori» e animatrice, assieme alla compianta Pia Pera, degli Orti di Pace (ortidipace.org) si possono piantare un po’ di carote e questo è sufficiente, come osservano le insegnanti e i responsabili della refezione, per facilitarne il consumo a mensa e ridurre gli sprechi. In qualche situazione si sperimentano progetti complessi, che coinvolgono diversi soggetti (alunni e insegnanti, cuochi, genitori) e numerosi aspetti come la cura dell’orto, alcune prove di assaggio «in campo», la manipolazione in cucina e perfino la visione di cartoni animati nei quali i personaggi mangiano mele, carote, spinaci, ecc. Con risultati confortanti in termini di aumento del consumo di frutta e di insalate e ottenendo perfino un raddoppio dei tipi di verdure consumate. La scuola, tuttavia, non si può fare carico da sola anche di queste attività. E soprattutto non si possono ottenere i risultati attesi se le famiglie semplicemente ignorano le proposte e i suggerimenti che vengono dall’esperienza scolastica. Succede fortunatamente anche il contrario e molti educatori osservano che bambini e ragazzi che a casa mangiano più frutta e verdura mantengono queste buone abitudini anche alla mensa della scuola. In ogni caso, l’esperienza e gli studi ci confermano che quello che avviene in ambito domestico, anche sulla questione dell’educazione alimentare, è cruciale per influire, nel bene e nel male, sul rischio per i bambini di sviluppare da adolescenti e da adulti patologie croniche come obesità, diabete e malattie cardiovascolari.

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«Sul cibo bisogna tornare a scuola»

QUALCUNO PENSA CHE SIA UNA PREOCCUPAZIONE inutile occuparsi attivamente della qualità della dieta dei bambini piccoli. In realtà i pediatri Usa già da una ventina d’anni propongono il dosaggio del colesterolo ematico ai bambini tra i 9 e gli 11 anni mentre l’obesità e il sovrappeso anche da noi in Europa interessano un bambino su tre (OMS-European Regional Obesity Report 2022). Qualche suggerimento tratto dalla letteratura scientifica, dall’esperienza professionale (scrivo quasi sempre ai miei pazienti anche la ricetta per cuocere il riso integrale o per realizzare una torta di mele e i biscotti senza zucchero) e da quella di genitore e nonno.

NON POSSIAMO PRETENDERE CHE I BAMBINI MANGINO FRUTTA e verdure se i genitori (tutti e due!) non ne consumano mai. L’influenza del comportamento e delle opinioni dei genitori sulle scelte dei piccoli è enorme e le preferenze che s’instaurano nell’infanzia tendono a durare anche nell’età adulta, condizionando comportamenti che possono essere utili o dannosi per la salute. Una ricerca (Nature Communications, 2016) ha accertato che quando i bambini devono decidere quali cibi mangiare tengono conto non solo dei loro gusti, ma anche degli alimenti che le madri preferiscono per loro. Il clima emotivo a tavola è assai importante. Non va bene che appena seduti davanti al piatto fiocchino imposizioni e rimproveri. È noto che la positività delle relazioni interpersonali durante i pasti è associata in modo significativo a una riduzione del rischio di sovrappeso o obesità nei bambini.

A PROPOSITO DEI PICCOLISSIMI, che amano giocherellare e impiastricciarsi con il cibo invece che metterlo solo in bocca, è utile ricordare che questi bambini saranno in futuro più disponibili ad assaggiare cibi sconosciuti e avranno un atteggiamento più sereno e meno diffidente nei confronti delle novità. Che siano servite a tavola (Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics, 2015) o, lo speriamo, incontrate da adulti in giro per il mondo. Altra questione su cui merita riflettere sono le esortazioni di rito, apparentemente obbligatorie quando a tavola ci sono i bambini. Una per tutte: «Sbrigati!».

SAPPIAMO CHE MANGIARE IN FRETTA SIGNIFICA mangiare troppo. Obesità, steatosi epatica (fegato grasso), iperuricemia, aumento dei trigliceridi, colesterolo HDL (quello «buono») basso sono più frequenti in chi mangia voracemente, senza masticare. Con questa esortazione si insegna a non badare al gusto e ai sapori (e quindi alla qualità) e si suggerisce di fatto che l’atto della masticazione non sia importante. Mentre è noto che si tratta di una attività assai rilevante per il buon andamento della digestione, per il controllo della quantità di cibo consumata e perfino per indurre quella tranquillità dell’animo che è indispensabile per il nostro benessere. Anche l’affermazione scontata (per noi) che la frutta e la verdura fanno bene è probabilmente incomprensibile per i piccoli. E forse anche per gli adolescenti. Invece che decantare le qualità taumaturgiche di carote e mele, meglio vederle in tavola tutti i giorni e osservare che gli adulti di riferimento se le mangiano con soddisfazione.

VA NELLA GIUSTA DIREZIONE COINVOLGERE BAMBINI piccoli e grandicelli nelle attività di cucina. Oltre ad avviare gradatamente questi futuri adulti all’acquisizione di competenze indispensabili per preparare da sé i propri pasti per non dipendere sistematicamente da pizzerie e da fast food oppure dalla valanga di alimenti processati disponibili nei supermercati, i bambini che aiutano in cucina consumano più frutta e verdure e hanno complessivamente una dieta più salutare. Numerose ricerche confermano che nelle famiglie dove si cucina meno aumenta l’obesità infantile, il consumo di alimenti di scarsa qualità nutrizionale, di bibite zuccherate, di prodotti da forno industriali e di piatti precotti. Mentre si riduce la presenza sulla tavola di frutta e verdure fresche.

INFINE LA SPESA. PORTATE I BAMBINI NON AL SUPERMERCATO, ma dai contadini. Saranno informati sulla provenienza del cibo, conosceranno chi lo produce, le risorse gastronomiche del proprio territorio e probabilmente impareranno anche a valutare aspetto, freschezza e qualità degli alimenti. Dice lo scrittore Michele Marziani: «Cucino quasi sempre: a volte bastano dieci minuti per ritrovare a tavola persone felici di quello che mangeranno, in mezz’ora si fanno grandi manicaretti. Leggere e cucinare, aggiungerei passeggiare: sono le tre cose che possono riconciliare chiunque con il mondo».