Il boom elettorale della sinistra “patriottica” basca non basta a scalzare dal potere un Partito Nazionalista in affanno che potrà però continuare a governare la regione grazie alla riedizione del patto con i socialisti.

È questo, in sintesi, il bilancio delle combattutissime elezioni per il rinnovo dell’assemblea della Comunità Autonoma Basca, alle quali ha partecipato il 62,5% degli aventi diritto rispetto al 50% di quattro anni fa, quando si votò in piena pandemia.

Per i risultati definitivi occorrerà attendere il secondo scrutinio di venerdì, che includerà i voti espressi dall’estero, ma a due ore dalla chiusura dei seggi, domenica sera, con l’arrivo dei risultati dello scrutinio che attestavano il pareggio, si festeggiava sia nel quartier generale di Eh Bildu (indipendentisti di sinistra) che del Pnv (nazionalisti conservatori), seppur per motivi opposti.

La coalizione di sinistra formata da Sortu, Eusko Alkartasuna e Alternatiba, che candidava a lehendakari (presidente della regione) il quarantenne Pello Otxandiano, è passata dal 27,6% e 21 seggi del 2020 al 32,5% e 27 seggi, guadagnando più di 90 mila voti e toccando il suo record storico grazie soprattutto al voto giovanile. Eh Bildu è arrivata in testa in due delle tre province della regione, la Gipuzkoa e l’Araba, premiato da un voto meno identitario che in passato e più interessato al programma politico progressista, ecologista e femminista della formazione.

Ma l’ottimo risultato degli indipendentisti, forse inferiore alle aspettative, non è bastato a scavalcare il partito che governa la regione sin dalla sua costituzione, e che pur incassando una sconfitta evidente – dal 38,7 al 35,2% e da 31 a 27 seggi – è riuscito a mantenere la prima posizione, almeno in termini di consensi, così com’era avvenuto in tutte le tornate dal 1980 in poi.

I seggi persi dal Pnv vengono compensati dal leggero progresso dei socialisti del PSE di Eneko Andueza, che pur guadagnando solo lo 0,7% – dal 13,5 al 14,2% – aggiungono due eletti ai 10 ottenuti nel 2020. La somma dei seggi delle due formazioni arriva così a 39, uno in più della maggioranza assoluta, e il probabile prossimo lehendakari del Pnv, il semisconosciuto Imanol Pradales, ha già fatto sapere che nel futuro esecutivo è pronto a concedere più spazio ai socialisti.
Una boccata d’ossigeno per il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez che esce così incolume dal “labirinto basco” e si lancia nella campagna elettorale per le elezioni catalane del 12 maggio.

Nelle dichiarazioni post-voto i socialisti hanno celebrato «l’irrilevanza dei popolari» ma in realtà anche il PP, pur fermandosi – come del resto il PSE – a percentuali lontanissime da quelle statali, può dirsi soddisfatto dal risultato di domenica. I popolari crescono dal 6,8 al 9,2% e da 6 a 7 consiglieri; soprattutto, la destra interrompe una sequenza di ben sei risultati negativi. Anche l’estrema destra di Vox con il 2% riesce a confermare il seggio che aveva nell’assemblea uscente.

Salta agli occhi, scorrendo i risultati, che la mappa politica basca è sempre più bipartitica e abertzale (nazionalista). Pnv e Eh Bildu insieme sommano il 68% dei consensi e 54 dei 75 seggi totali. I socialisti, pur avendo consolidato la loro posizione di terza forza, non hanno vinto in nessun comune, mentre il PP può fregiarsi di aver conquistato il primato soltanto a Laguardia, un municipio della Rioja Alavesa.

Il successo indipendentista prosciuga invece fortemente il bacino elettorale della sinistra federalista, penalizzata dalla scelta di presentarsi divisa. Degli 11 seggi ottenuti da Podemos nel 2016, diventati 6 nel 2020, la “sinistra non nazionalista” ne mantiene solo 1 che va a Sumar (3,3%) mentre Podemos (2,2%) rimane fuori dall’emiciclo. Ma il punto segnato dalla creatura di Yolanda Díaz nella competizione con i cugini viola non mette a riparo il movimento dalla tempesta. Invece della candidata a lehendakari, Alba García Martín, è stato eletto Jon Hernández, segretario della sezione basca del Partito Comunista Spagnolo. Izquierda Unida – la coalizione animata proprio dal PCE – ha annunciato l’intenzione di allentare il rapporto con il movimento fondato e guidato dalla vicepresidente del governo spagnolo, rivelatosi «incapace di riunire tutte le forze di sinistra».