Il celebre professore del King’s College di Londra Satvinder Juss ha disegnato su un foglio tre cerchi proiettati su uno schermo nella facoltà di Giurisprudenza di Roma 3: mostrano cosa succede quando uno dei tre poteri – esecutivo, legislativo, giudiziario – prevale sugli altri. Il risultato è sempre lo stesso: dittatura. Per questo, sostiene, c’è democrazia solo in una situazione di equilibrio: se una sfera preme, le altre devono rispondere.

L’OCCASIONE È IL convegno organizzato ieri dall’associazione di giudici e pubblici ministeri Magistrats européens pour la démocratie et les libertés, con Magistratura democratica, Movimento europeo e Fondazione Basso. Al centro c’è una domanda rivolta agli operatori giuridici: come conciliare il Patto su migrazione e asilo, che l’europarlamento ha votato mercoledì, con le Carte sovraordinate. Ovvero come continuare a tutelare quei diritti fondamentali che per gli ordinamenti democratici contemporanei non rappresentano un orpello ma il contenuto sostanziale.

La preoccupazione nasce dal fatto che, è consapevolezza condivisa da toghe e giuristi progressisti, il mega-pacchetto di norme innescherà una regressione profonda nelle possibilità di tutelare l’asilo. Finora il diritto europeo è stato uno scudo ai tentativi di limitarlo a livello nazionale, soprattutto in Italia. Non sarà più così.

Il nuovo quadro giuridico lo descrive la docente di diritto Ue Daniela Vitiello che entrando nel merito delle singole misure mostra come la frontiera diventa il centro di gestione dei movimenti di persone. Dall’Europa fortezza si passa a un’Europa prigione in cui il trattenimento di chi cerca protezione passa da ipotesi residuale a norma. Le trasformazioni riguardano le frontiere esterne e quelle interne. Nelle prime sarà applicata una detenzione di massa, tra 30 e 120mila persone in base alle capacità organizzative. Le seconde diventeranno luoghi di cooperazione tra le forze di polizia attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Lo prevede la proposta di riforma del codice Schengen come alternativa al ripristino dei controlli di frontiera.

IN QUESTO NUOVO ordine comunitario in materia migratoria – partorito da liberali, conservatori e socialisti, «non da Orbán», sottolinea qulcuno – il patto introduce tre pilastri: la finzione del non ingresso nel territorio Ue, che riduce le tutele stabilite dalle corti europee; gli automatismi nei processi di selezione, che mettono a rischio un diritto individuale perfetto come l’asilo; il continuum della privazione della libertà personale durante tutto l’iter per la protezione, fino all’eventuale rimpatrio. Un punto che sta a cuore a molti e che, sintetizza l’avvocata dell’Asgi Giulia Perin, porta un messaggio extragiuridico molto pericoloso: è legittimo detenere in massa, minori compresi, persone che non hanno commesso alcun reato. A questo si aggiunga che Eurodac da database per la registrazione delle richieste di protezione diventa strumento di schedatura e che sarà più facile dichiarare sicuri paesi terzi o anche solo delle loro porzioni. Per esempio una regione della Siria o dell’Afghanistan, dove rimpatriare impunemente persone fuggite da quelle guerre.

Di fronte a questo quadro fanno uno strano effetto le parole pronunciate nel suo videomessaggio da Juan Fernando López Aguilar, esponente del partito socialista spagnolo e presidente della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni dell’europarlamento. Esprimono soddisfazione perché finalmente viene stabilito un sistema europeo di immigrazione e asilo, nonostante i tanti compromessi. «Abbiamo lavorato duramente per un equilibrio tra responsabilità e solidarietà. Voi italiani avete sofferto come noi spagnoli», dice. Valutazioni e riferimenti che rimangono dentro l’unica cornice degli interessi statali: la sofferenza dei migranti, la responsabilità o solidarietà nei loro confronti non viene presa in considerazione.

ANCORA PIÙ sorprendente, «sbalorditiva» commenta qualcuno, è la posizione di Unhcr ribadita, dopo l’endorsement al Patto dell’Alto commissario Filippo Grandi, da Antonio Di Muro, protection associate. Unhcr difende tutto l’impianto delle nuove norme: le procedure accelerate di frontiera aumenteranno le garanzie rispetto a quelle standard; i vulnerabili avranno maggiore protezione; se qualcosa non funzionerà dipenderà soprattutto dalle modalità di implementazione.

Sembra di guardare un altro quadro. Di sicuro si vedono altre sfumature: forze politiche moderate e istituzioni sovranazionali di tutela hanno anteposto gli interessi degli Stati ai bisogni delle persone in movimento. Si vedrà se le giurisdizioni avranno un orientamento diverso. Non è comunque un buon segno che le speranze di garantire a tutti i diritti fondamentali ricadano solo lì. Non lo è per nessuno. «I doppi standard sono un vulnus per lo stato di diritto in generale», dice la giudice Silvia Albano.