Quando fu costruita, cinque anni prima della caduta del Muro, simboleggiava l’ultima, monumentale, conferma dell’Amicizia fra russi e tedeschi a poche centinaia di metri dal Check point Charlie che allora divideva in due Berlino. Oggi, invece, la Casa Russa viene invece considerata dal governo Scholz come la più potente antenna di diffusione della propaganda di Putin in Germania, per di più gestita da un ente già nel mirino delle sanzioni “culturali” dell’Unione europea.

L’ULTIMO ALLARME ROSSO è scattato con la recente apertura della libreria Mnogoknig («molti libri» in russo) che occupa l’intera ala sinistra del piano terra e spicca da tutte le angolazioni della Friedrichstrasse: la strada vetrina della capitale. Più visibile di così a Berlino è impossibile; anche perché Das Russische Haus di per sé è già un colossale edificio di 29mila metri quadri distribuiti su sette piani in grado di attirare gli sguardi non solo degli amanti dell’architettura soviet.

Chiudere il «megafono di Putin»? Seriamente sembra che a Berlino non ci pensi proprio nessuno, anzi. Che ne sarebbe poi della sede di Mosca del Goethe Institut, equivalente tedesco dell’ente culturale che gestisce la Casa Russa? È la domanda che spiega alla perfezione come mai in tempo di guerra il monolite di Putin in Germania non solo rimane aperto ma continua ad attirare una media di 200 mila visitatori annui.

Rispetto al 7 luglio del 1984, data dell’inaugurazione alla presenza degli alti papaveri della Ddr e dell’Unione sovietica, sono sparite le bandiere internazionali dei Paesi comunisti issate nella fila di pennoni all’ingresso. Ma è scomparsa anche la statua di Lenin che si trovava al centro dell’atrio, smantellata all’inizio degli anni Novanta, nessuno oggi è in grado di dire dove si trovi. In compenso con l’era Putin sono apparsi i futuristici schermi a led giganti che sparano a ruota gli spot dell’ente del turismo russo, uno per lato dell’entrata principale.

Le vetrine a cornice della nuova libreria, invece, somigliano a quelle dei grandi brand commerciali infilati nella stessa via: Mnogoknig inciso nel marmo in stampatello con le lettere argentate; potrebbe essere una banca o una gioielleria, se non fosse per le decine di libri in cirillico esposti con ordine maniacale: favole illustrate per bambini, classici della letteratura russa, manuali di storia, testi specialistici.

L’INGRESSO È DOMINATO dal bancone di marmo nero tirato a specchio che funge da cassa. Intorno, la rete di stretti corridoi zeppi dei volumi che coprono l’intera Biblioteca nazionale. Non mancano i clienti, dimostra il via-vai rilevante considerando che la libreria ha aperto i battenti da meno di quattro mesi.

MA L’OBIETTIVO della Casa Russa non è il successo commerciale. La mission attuale del palazzo in granito di Lusazia e pietra calcarea di Vratsa progettato dall’architetto Karl Ernst Swora su ispirazione della sede centrale dell’agenzia Tass, è rimasta formalmente la stessa dell’era sovietica, seppure aggiornata alla nuove linee guida del putinismo.

ALL’EPOCA LA SOCIETÀ per l’Amicizia e le relazioni Culturali con l’estero dell’Urss con Das Russische Haus si poneva l’obiettivo di dare «casa» alla scienza e alla cultura sovietica, nonostante fin dall’inizio sia stato anche un centro di propaganda.

Dentro decine di sale per conferenze, hall per concerti e un cinema. Oltre agli spazi da record per le mostre (al momento della costruzione il foyer della Casa Russa era il più grande fra i centri culturali sovietici nel mondo): l’esposizione di questo mese è un omaggio alla natura della Siberia, sulle vetrate dell’ala destra della Haus risaltano le gigantografie con paesaggi mozzafiato e la sagoma della volpe siberiana. Come la libreria tutte le attività fanno capo formalmente all’ente governativo Rossotrudnichestvo che dipende direttamente dal ministero degli Esteri russo e da due anni risulta tra le agenzie culturali sanzionate da Bruxelles.

CON L’INVASIONE dell’Ucraina la Casa Russa è stata presa di mira da non poche proteste. Prima l’albero di Natale decorato davanti al palazzo, ritenuto oltraggioso per i duecento manifestanti che hanno scandito slogan anti-Putin sotto le finestre dell’Haus. Poi lo «scandalo» degli schermi dedicati alla proiezione dei servizi di Russia Today prima che la tv del Cremlino venisse bandita per legge. Infine la protesta per la rielezione di Putin con sventolio di bandiere gialloblu e del bicolore della Russia «libera».
In particolare «la tv russa dipinge l’esercito ucraino come una banda di nazisti» è la motivazione ufficiale per la censura ai video diffusi dalla Casa Russa.

Oggi gli schermi passano soprattutto le immagini delle città russe oppure le preziosissime informazioni sui corsi di lingua: pare che le lezioni dell’istituto culturale siano rimaste ormai tra le poche possibilità rimaste per chi a Berlino vuole imparare la lingua che non è solo di Putin ma pure di Tolstoj e Dostoevskiji, oltre a considerevole parte di autori della letteratura ucraina. La scuola superiore tedesca Rosa-Luxemburg ha smesso di inserirli nella propria offerta formativa con l’inizio della guerra, attualmente nella capitale risulta un solo istituto con il russo come materia di studio.

PER L’INTELLIGENCE occidentale invece Das Russische Haus è sempre stata solo un pericoloso nido di spie. Non per questo motivo, però, a gennaio 2023 la procura tedesca aveva messo sotto indagine l’ente culturale: l’accusa era formalmente «violazione delle norme sul commercio estero», prima che l’inchiesta venisse improvvisamente interrotta come rivela il giornalista Markus Wehner, specialista di retroscena sulla Russia.

Secondo lui l’analisi dei consiglieri diplomatici della ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, avrebbe escluso la chiusura della Haus di Berlino per evitare la ritorsione contro i Goethe Institut in Russia, che non sono, peraltro, fra le filiali da tagliare per motivi di budget.